Riforma delle pensioni: divieto di lavoro per chi lascia a 62 anni

Riforma delle pensioni: divieto di lavoro per chi lascia a 62 anni
Con la riforma della legge Fornero allo studio del governo, potrebbero tornare i divieti di cumulo tra pensione e redditi da lavoro che erano stati cancellati nel 2009. A chi...

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Con la riforma della legge Fornero allo studio del governo, potrebbero tornare i divieti di cumulo tra pensione e redditi da lavoro che erano stati cancellati nel 2009. A chi lascerà il lavoro utilizzando le nuove norme, ossia la cosiddetta «quota 100» con 62 anni di età e almeno 38 di contributi, potrebbe essere completamente vietato intraprendere attività autonome o a anche da dipendente per arrotondare la pensione. Non è ancora stato deciso se il divieto di cumulo sarà «assoluto», oppure se ci sarà un meccanismo di penalizzazione come esisteva in passato. In pratica fino alla metà della retribuzione dell'attività lavorativa svolta dal pensionato, potrebbe tornare all'Inps o al Fisco. Il divieto di cumulo è un passaggio strategico per la riforma previdenziale del governo. L'idea degli economisti che lavorano al progetto, è quella di sostituire i lavoratori più anziani con forze giovani. L'obiettivo è che per ogni due pensionati, ci sia almeno l'assunzione di un ragazzo. Quello che si vuole scongiurare, reintroducendo il divieto di cumulo, è che le aziende mandino via i propri dipendenti per poi riassumerli a costi ridotti da pensionati. A spiegare che la priorità è questa, è la stessa Nota di aggiornamento del Def. Una priorità, si legge, dettata dalla volontà del governo di sbloccare il mercato del lavoro ed «aprirlo stabilmente ai giovani per garantire al Paese quel ricambio intergenerazionale che potrà avere effetti positivi anche sull'attività dei comparti pubblici e privati».


LE REGOLE
L'attuale regime, spiega ancora la Nota di aggiornamento del Def, «pur garantendo nel lungo periodo la stabilità finanziaria del sistema previdenziale, nel breve e medio periodo impedisce alle imprese il fisiologico turnover delle risorse umane impiegate». Per consentire dunque al mercato del lavoro «di stare al passo con i progressi tecnologici è oggi necessario accelerare e non ritardare questo processo e dare spazio alle nuove generazioni interrompendo il paradosso per il quale giovani, anche con elevata istruzione, rimangono fuori dal mondo produttivo mentre le generazioni più anziane non possono uscirne». Non solo. Una maggiore stabilizzazione sul lavoro conseguente al maggior turnover dei giovani porterà anche, si legge, al contrasto «alla bassa natalità che se non risolta comporterà problemi sulla sostenibilità futura dello stesso sistema pensionistico italiano».

Per il resto la riforma della Fornero è pressoché delineata. Come detto si potrà accedere al pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Chi ha 63 anni dovrà comunque garantire i 38 anni di contributi e, dunque, la quota salirà a 101, e così via. Resterà in vigore anche il pensionamento di vecchiaia a 67 anni e 10 mesi. Chi lascerà con questo requisito il lavoro, non avrà divieti di cumulo. E lo stesso vale per chi arriverà alla contribuzione massima, ossia 42 anni e 10 mesi. È intenzione del governo, poi, congelare l'aumento dell'età e dei contributi prevista per il primo gennaio del prossimo anno, quando l'età di vecchiaia dovrebbe salire a 67 anni, e quella contributiva a 43 anni e tre mesi.
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Il Messaggero