Migranti, Meloni incontra Macron: disgelo sul dossier Africa

Ricucito lo strappo di febbraio sul mancato invito a Parigi per la cena con Zelensky

Migranti, Meloni incontra Macron: disgelo sul dossier Africa
BRUXELLES Anche a Bruxelles è primavera. E così, inattese, le decine di accuse e attriti che in questi mesi hanno diviso Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, iniziano...

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BRUXELLES Anche a Bruxelles è primavera. E così, inattese, le decine di accuse e attriti che in questi mesi hanno diviso Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, iniziano a sciogliersi come neve al sole. O almeno così sembra quando, arrivando in mattinata al Consiglio europeo nella capitale belga, parla - non senza un pizzico di soddisfazione - di «contatti in corso» con l’Eliseo per un faccia a faccia. 


L’incontro, che è stato richiesto dai francesi (e qui sta la soddisfazione della premier), si è tenuto poi a sera, subito dopo il termine del consiglio Ue. Circa un’ora e quaranta minuti di confronto a tu per tu. Senza le rispettive delegazioni, rimaste in attesa al bar. Esattamente dove si trova, solo, proprio quell’Olaf Scholz protagonista del cosiddetto “formato Normandia” che portò il 9 febbraio scorso all’ultimo scontro sulla direttrice Roma-Parigi. Quando cioè Meloni lanciò il suo j’accuse al presidente francese, imputato di essere stato «inopportuno» ad invitare a cena all’Eliseo il solo Scholz con Volodymyr Zelensky. Una «incomprensione» che ieri si è provato a dimenticare in nome della «necessaria e inevitabile vicinanza» che da sempre è evidente su decine di dossier strategici, in particolare su difesa e aerospazio. Come spiegano fonti diplomatiche italiane infatti, al netto delle parole piccate che «a volte» li hanno separati, entrambi sono consapevoli del “destino manifesto” italo-francese. 

 

 

 

I DOSSIER
Più che seppellire l’ascia di guerra però, Roma e Parigi sembrano volgerla nella stessa direzione. Sul tavolo di quello che è il primo bilaterale in cinque mesi di legislatura (un unicum nella storia della Repubblica), Meloni e Macron puntano ora lo sguardo sul Mediterraneo e sulla necessità di «mettere in sicurezza il fronte Sud dell’Europa». Un’istanza presentata con forza dalla presidente del Consiglio a Bruxelles. Non solo quando è intervenuta durante la cena con i leader per richiedere «azioni rapide e concrete» contro i trafficanti di esseri umani, ma anche quando - in attesa del faccia a faccia con Macron - ha tenuto un bilaterale con il premier portoghese Antonio Costa. Un “tassello” aggiuntivo rispetto a dialoghi e sponde già ottenuti con gli altri protagonisti mediterranei, soprattutto il greco Kyriakos Mītsotakīs.


Tornando al presidente francese, il meditato asse del fronte Sud dell’Europa non guarda però solo alla bollente Tunisia (ogni pressing sul Fmi sarà compiuto sotto «l’egida europea» garantiscono), agli interessi italiani nel Mediterraneo orientale o al più generico piano Mattei, ma soprattutto alla Libia. L’idea è infatti sancire una sorta di pax attorno ai governi di Tripoli e Bengasi, arginando il ruolo di Putin. Ovvero quantomeno di provare ad accantonare le «traiettorie differenti» (economiche e politiche) che hanno senza dubbio contribuito a trasformare il Paese in una polveriera. Wagner o non Wagner. Anche perché mentre Parigi è messa a ferro e fuoco da mezzo milione di manifestanti che contestano la riforma delle pensioni voluta da Macron, l’Eliseo ha la necessità di evitare qualunque piccola crepa, sia interna che esterna. 


ANTI AUSTERITY
Non solo Mediterraneo però. A centocinquantuno giorni esatti dall’incontro informale sulla terrazza dell’hotel Gran Melià della Capitale - le cui scorie si trasformarono in uno scontro diplomatico senza precedenti sul porto di approdo di una nave delle Ong - Meloni e Macron si ritrovano quasi “costretti” a tornare amici anche per la solita geometria variabile che triangola con Berlino.


Cioè per provare a realizzare quel parziale isolamento tedesco che più volte è tornato utile, e che in questa fase potrebbe portare a una riforma del Patto di stabilità “anti-austerity” e un’intesa sull’equilibrio tra crescita e inflazione da portare all’Eurosummit di oggi (a cui parteciperà Cristine Lagarde), in particolare con riferimento alla crescita dei tassi d’interesse. Oppure, più in là, all’istituzione di un nuovo fondo sovrano Ue. Una convergenza che non può essere a saldo zero. Anche perché i francesi hanno intenzione di chiedere un sostegno italiano per la bollinatura delle tecnologie nucleare tra quelle compatibili per l’idrogeno verde da parte di Bruxelles. Un nodo che per Parigi è essenziale e che a palazzo Chigi può tornare utilissimo a sanare quel ritardo sulla partita della transizione energetica delle automobili (specie sui bio-carburanti) maturato durante il periodo di transizione tra il governo di Mario Draghi e quello Meloni. Una chiave di lettura, anche questa, che sarebbe parte integrante di quel patto del Quirinale mai pienamente attuato. E chissà che, per una volta, una rondine non faccia davvero primavera.

 

 

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Il Messaggero