Cospito, La Russa: «I segnali sono gravi, lo Stato deve difendersi. Il 41 bis non si tocca»

Il presidente del Senato: «Solo se saremo compatti si eviteranno derive eversive come con le Brigate Rosse. Sbagliato accostare il Pd alla mafia, ora è il momento di abbassare i toni»

Cospito, La Russa: «Gravi gli allarmi lanciati. Lo Stato deve difendersi»
Presidente La Russa sembra essere in corso una escalation. A Roma sabato gli estremisti hanno bloccato la tangenziale e si sono scontrati con la polizia. Cosa ne pensa? ...

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Presidente La Russa sembra essere in corso una escalation. A Roma sabato gli estremisti hanno bloccato la tangenziale e si sono scontrati con la polizia. Cosa ne pensa?


«Ho fatto tante manifestazioni nella mia vita e sia chiaro io non vieterei mai un corteo, anche se fosse a favore dell’abolizione del 41 bis. Ma se si trascende, lo Stato deve difendersi e le nostre Forze dell’ordine hanno tutta la mia solidarietà».
 

Anche Giorgia Meloni ha parlato di «uno Stato sotto attacco». Stiamo tornando agli anni ‘70?
«Il paragone è azzardato. Le condizioni di quegli anni sono irripetibili, innanzitutto il mondo allora era diviso in due dopo Yalta. La situazione odierna, pur con delle contrapposizioni geopolitiche evidenti, non è avvicinabile. Inoltre, allora l’ideologia dominava l’intera vita sociale e la politica era un moloch per tutti gli studenti e non solo. Non vedo le stesse condizioni. Anche perché la lotta armata ha dimostrato di essere non solo un crimine, ma anche inconsistente nei risultati che voleva ottenere. Con una precisazione però».

 

 


 

Cioè?
«Ciò non vuol dire che siano meno gravi le cose che possono succedere. Gli allarmi lanciati sono veri e giustificati».
 

Vede una deriva eversiva?
«Il pericolo è di altra natura rispetto agli Anni di piombo ma lo Stato deve essere pronto in ogni caso a difendersi. E se saremo compatti non penso ci possano essere nuove derive verso un terrorismo tipo Brigate Rosse. Tuttavia, ripeto, ciò che sta accadendo è comunque molto grave, anche se c’è meno rischio che lo Stato perda. Credo che neppure i gruppi anarchici vogliano andare verso una stagione di terrorismo. Sarebbe ingeneroso nei loro confronti pensare ciò. Sono pericoli di natura diversa, assolutamente da condannare e controllare ma non possiamo equipararli a chi sparava alla gente».
 

Lei ricorda bene quegli anni...
«Ricordo tutto, dalla a alla z. Ci sono sempre stato. E ricordo soprattutto il cordone che noi dirigenti di destra abbiamo fatto perché si evitasse che vi fossero simpatie per movimenti che andavano oltre la politica. Siamo stati un baluardo. Giorgio Almirante diceva: per il terrorista di sinistra una condanna a morte, per quello di destra due». 
 

E oggi?
«Per terroristi e mafiosi c’è il 41 bis. Non gli si deve lasciare la possibilità di comunicare con l’esterno. Sono pericolosi. E questo è un punto su cui vorrei non fossimo divisi tra destra e sinistra». 
Eppure c’è chi non vede differenze tra Alfredo Cospito e Bobby Sands, l’attivista dell’Ira morto dopo un lungo sciopero della fame in un carcere nordirlandese e spesso considerato “vicino” dalla destra italiana.
«Sbaglia, assolutamente. Così come sbagliano sempre commentatori, giornalisti e opinione pubblica quando provano ad alzare la tensione. Ad esempio, sabato un giornalista ha definito Donzelli e Delmastro “scherani” della Meloni. Di questa affermazione che è un’offesa anche per il Presidente del Consiglio, è stata sottovalutata la gravità. Così si agita il clima». 

 

 


 

Cosa pensa invece della visita in carcere a Cospito da parte di alcuni esponenti dem?
«È un episodio specifico e sono convinto che chi è andato in quel carcere non volesse aiutare la mafia. Ma a volte a me rimproverano di essere poco prudente. Diciamo che forse è stato imprudente in questa fase compiere un’azione di per sé assolutamente legittima di controllo sulle condizioni dei detenuti. Inevitabile che in questo contesto qualcuno a destra chieda “Cosa ci siete andati a fare”». 
 

Lei però da parlamentare in carcere è andato spesso.
«Certo, da deputato sono andato decine di volte a San Vittore a trovare detenuti comuni e non. E tra l’altro ho fatto l’avvocato penalista, sono molto sensibile al tema e infatti credo che lo rifarò. L’ultima volta ci sono stato per Roberto Formigoni, ma mai invece per un terrorista di destra. Sarebbe stato inopportuno farlo».
 

Sabato Meloni ha invitato anche Fratelli d’Italia ad abbassare i toni. Lo condivide?
«Giorgia ha fatto benissimo. Le sue sono parole dettate dal buonsenso e dalla volontà di non danneggiare la Nazione. Ma devo dire che da parte mia ho sempre dato per scontato che questo fosse il nostro intento e già nei giorni scorsi mi sono mosso in questa direzione. L’ho fatto in silenzio, senza necessità di accendere riflettori sul mio intervento». 
 

Si riferisce al “caso Balboni”? Il Pd ha lasciato l’Aula perché il senatore di Fdi li ha accusati di aver aperto «una voragine alla mafia».
«Esatto, il mio ruolo impone di fare in modo che il Senato lavori. Su sollecitazione della capogruppo dem Simona Malpezzi l’ho incontrata nel mio ufficio insieme alla vicepresidente del Senato Anna Rossomando per ascoltare le loro posizioni. I dem si lamentavano delle dichiarazioni del senatore e ipotizzavano di disertare i lavori della Commissione bilancio presieduta proprio da Balboni che si sarebbe riunita nel pomeriggio. C’è stato anche da altro lato, il timore di un utilizzo di un question time che va in diretta tv, per scopi diversi di quello per cui è proposto. Io allora ho mediato, e il caso è rientrato. Ho fatto una moral suasion da cui sono scaturite due posizioni espresse da Balboni che assolutamente condivido. E cioè la prima che confermo, è che un eletto non può essere censurato per le sue opinioni, giuste o sbagliate che siano quando non trascendono i limiti del regolamento. La seconda però, che sottolineo, è che non si può accostare il Pd alla mafia». 
 

Quindi condanna anche chi ha associato mafia e dem.
«Personalmente sono convinto che sia un errore accostare il Pd alla mafia. Ricordo benissimo Pio Latorre e le battaglie che anche la sinistra ha fatto contro la mafia. Però voglio ripetere che non sono minori rispetto a quelle fatte dalla destra politica italiana, anche se troppo spesso qualcuno finge di non ricordarle. Con l’Msi fummo addirittura gli unici a votare simbolicamente per Paolo Borsellino, allora in vita, come presidente della Repubblica nel 1992. Anzi, le rivelo una chicca».
 

Prego.
«Nel film di Pif “La mafia uccide solo d’estate” a un certo punto si vedono i funerali di Borsellino e degli uomini della scorta. Lui fa vedere fuori dalla chiesa gente che protesta contro la mafia, mostrando prima un gruppetto con il pugno alzato e poi un gruppo più numeroso nella piazza. Peccato che in queste immagini di repertorio usate da Pif io riconosco gli esponenti dell’Msi, uno per uno. In prima fila ad esempio c’era il deputato regionale Benito Paolone». 
 

Le opposizioni sono insorte anche per il “caso intercettazioni”. Donzelli e Delmastro hanno sbagliato in Aula?
«Sul problema della liceità o meno delle fonti riservate mi riporto alle parole sentite in Aula dal ministro Nordio. E il giorno dopo ha potuto affermare che non si trattava di informazioni segretate». 
 

Lei lo avrebbe fatto?
«Da Presidente del Senato non posso mettermi né nei panni di Donzelli né in quelli degli onorevoli della sinistra. Il mio dovere è abbassare i toni, come dice Meloni. I modi per farlo ci sono, in primis non mostrandoci divisi». 
 

Ieri non hai partecipato alla manifestazione a Roma per la chiusura della campagna elettorale di Francesco Rocca. Era all’auditorium della Conciliazione, proprio dove dieci anni fa nasceva FdI.
«Sono felice sia stata fatta lì, è un po’ un cerchio che si chiude. In 10 anni abbiamo fatto tanta strada, e a riguardare le foto ero molto più giovane».
 

Sarà a Milano per Fontana?
«Sono indeciso. Continuo a pensare che dovrei esserci, perché i miei predecessori hanno fatto molto di più, addirittura fondando partiti mentre erano presidente del Senato. Sono sicuro sarebbe lecito. In questo clima però credo che mi asterrò. Solo per questa volta, per evitare polemiche e strumentalizzazioni e contribuire così a tenere i toni bassi. Ma non lo si consideri un precedente». 
 

Dice delle strumentalizzazioni, in quest’ultima settimana elettorale aumenteranno?


«Quando c’è campagna elettorale tutto può essere. Ma da uomo di partito quale ero prima delle elezioni, noto che tutti i tentativi di strumentalizzare atteggiamenti passati o presenti di FdI e dei suoi esponenti, si sono rivoltati contro chi li ha messi in campo. Non gli hanno portato bene». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero