Giorgetti: «Calenda bene a Roma». Bomba sulla Lega: alta tensione con Salvini

«Qualunque cosa dico ormai vengo sempre strumentalizzato. La verità? Sto girando l’Italia in lungo e in largo per promuovere i candidati del centrodestra....

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«Qualunque cosa dico ormai vengo sempre strumentalizzato. La verità? Sto girando l’Italia in lungo e in largo per promuovere i candidati del centrodestra. Figuriamoci se tifo per Calenda…». Prova a metterci una pezza Giancarlo Giorgetti dopo una mattinata passata a spiegare che il senso dell’intervista a “La Stampa” era un altro. Eppure a rileggere le affermazioni del ministro dello Sviluppo Economico si comprende l’insofferenza tutta leghista per il candidato scelto per Roma da FdI e avallato da tutto il centrodestra. «Se Calenda va al ballottaggio con Gualtieri ha buone possibilità di vincere. E, al netto delle esuberanze - dice Giorgetti nell’intervista - mi pare che abbia le caratteristiche giuste per amministrare una città complessa come Roma». Poi l’aggiunta su Guido Bertolaso che, a detta del ministro leghista, sarebbe stato il candidato giusto del centrodestra nella Capitale mentre Sala a Milano vincerà «al primo turno».

 

 

L’idea

Affermazioni che scatenano le ira degli alleati. Antonio Tajani, reduce dall’incontro con Mario Draghi a Palazzo Chigi, invita Giorgetti «a fare campagna elettorale a Varese». Dura anche Giorgia Meloni che oltre a difendere Michetti, dice che «se nel centrodestra qualcuno preferisce far vincere la sinistra, è problema suo». Se è vero, come sostiene il titolare del Mise, che la vittoria di Calenda dipende da quanto «riuscirà ad intercettare il voto in uscita dalla destra», significa dare per scontata una sorta di liquefazione della coalizione che non può non allarmare Matteo Salvini. Il segretario della Lega, pur evitando di polemizzare con il suo ministro e alimentare l’idea di una Lega sull’orlo della scissione, interviene per difendere i candidati del centrodestra di Roma e Milano. «Michetti e Bernardo saranno ottimi sindaci», si limita a ribadire Salvini. In difesa di Michetti interviene anche Silvio Berlusconi con un «forza Enrico» che rincuora, in parte, il diretto interessato. «Non c’è nulla di male a dire quello che si pensa - replica Michetti - tanto sono i cittadini di Roma che decidono, non è né Giorgetti, né nessun altro». Il destinatario dell’endorsement, Carlo Calenda, ovviamente ringrazia e attacca il Pd. «La cosa divertente - sostiene - è che mentre mi accusano di essere il candidato della Lega per un apprezzamento professionale di Giorgetti, siglano segretamente (manco troppo) il patto con i 5S per portarli in giunta». Il “ballo” del voto disgiunto preoccupa la destra e sarà l’argomento più gettonato in quest’ultimo scorcio di campagna elettorale.

 

 

 

Le manovre

Sempre nella stessa intervista Giorgetti sostiene che «l’interesse del Paese è che Draghi vada subito al Quirinale, che si facciano subito le elezioni e che governi chi le vince». Il ministro dice anche che vorrebbe che Draghi «rimanesse lì per tutta la vita». Il punto è che «appena arriveranno delle scelte politicamente sensibili la coalizione si spaccherà. A gennaio mancherà un anno alle elezioni e Draghi non può sopportare un anno di campagna elettorale». In questo caso la sortita del ministro non trova ostilità soprattutto dalle parti del Pd anche se resta il problema di chi gestirà l’attuazione del Pnrr. «Con tutto l’affetto per il ministro Giorgetti io mi preoccuperei più dell’oggi», sostiene Enzo Amendola, il sottosegretario (Pd) che si occupa proprio dei dossier europei, Pnrr compreso. L’idea di Giorgetti di eleggere Draghi - escludendo il bis di Mattarella perché Salvini e la Meloni «non lo voterebbero» - è accarezzata da molti leader di maggioranza che hanno fretta di andare al voto. In testa c’è Salvini - con il quale Giorgetti si mette così in sintonia sapendo forse anche di non irritare neppure il diretto interessato delle strategia leghiste - ma la prospettiva non dispiace anche al leader del M5S Giuseppe Conte. Ingolosisce anche una cospicua parte del Pd rinfrancata dal voto tedesco, e della stessa FI che vede aumentare le iniziative centriste. Ultima quella di Gianfranco Rotondi. 
La prospettiva non affascina però gli eletti. Soprattutto quelli - e sono tantissimi - che a vario titolo e partito sanno che non torneranno in un Parlamento che al prossimo giro ha un terzo di posti in meno. A questi, coloro che intendono eleggere Draghi al Quirinale, dovranno probabilmente garantire per evitare sorprese, magari con la promessa di un nuovo governo-draghiano - che la legislatura non finirà prima di 4 anni sei mesi e un giorno.

 

 

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Il Messaggero