Emma Bonino: «Gli accordi vanno rispettati, è Azione a non venire con noi. Così la destra vince a tavolino»

La leader di +Europa: "Quello firmato con il Pd è un patto fondato sulle idee, siamo pronti a portarlo avanti"

Emma Bonino: «Gli accordi vanno rispettati, è Azione a non venire con noi. Così la destra vince a tavolino»
«Se andiamo senza Calenda? Veramente è Calenda che va senza di noi...». Sono quasi le tre del pomeriggio, Emma Bonino, senatrice, figura storica dei Radicali,...

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«Se andiamo senza Calenda? Veramente è Calenda che va senza di noi...». Sono quasi le tre del pomeriggio, Emma Bonino, senatrice, figura storica dei Radicali, è davanti alla televisione – come quasi tutti quelli che si interessano di politica – e il leader di Azione ha appena detto di «sentirsi a disagio» e quindi di aver rotto il patto, sottoscritto il 2 agosto, con il Pd. Bonino è di poche parole: «Guardi, mi ritrovo pienamente con la nota che abbiamo diffuso oggi dopo la segreteria di +Europa». Quella in cui, Bonino, Riccardo Magi e gli altri ribadivano «il forte apprezzamento per il patto sottoscritto con il Pd». In particolare, è il ragionamento di Bonino espresso anche nella nota «Letta ha ribadito che il patto con noi è un accordo di governo, basato sull’Agenda Draghi e sulla collocazione atlantica dell’Italia», mentre quello con Sinistra e Verdi «sono accordi elettorali, finalizzati a non consegnare la vittoria a tavolino a Meloni e Salvini». Oltre a questo, Bonino sottolinea come «non ci fosse nessuna tentazione di riapertura del dialogo tra Pd e M5S».


Alla luce della rottura di Calenda, la linea sembra abbastanza chiara: «Avanti con l’alleanza con il Pd». E quindi niente più simbolo con Calenda che a questo punto potrebbe essere costretto a raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni. 

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LE RIUNIONI

Il motivo è semplice, e Bonino lo spiega così: «I patti sono patti – la posizione della senatrice – e come tali vanno rispettati. Altrimenti quale può essere la credibilità e l’affidabilità di una classe dirigente o di un partito? Quattro giorni fa, quattro non 40, il Pd, Calenda, Più Europa siglano un accordo politico, peraltro per ironia della sorte la bozza scritta da Calenda, benissimo. Bravi tutti, applausi. Dal giovedì io comincio a sentire rumori su Calenda che non regge i suoi. E arriviamo ieri col segretario del mio partito, Della Vedova, che ha la pazienza di un santo, che ancora prova a parlare con Calenda. Calenda che però dice inutile che ci vediamo, è una perdita di tempo». E si arriva a ieri: «Da Della Vedova apprendiamo: “Calenda ci ha detto che la cosa è chiusa, amen e arrivederci”». Incidente di percorso o premeditato? «Non lo so, io avevo molta fiducia. Credo non sia serio cambiare opinione ogni tre giorni specialmente da una forza politica che si candida a partecipare al governo di un Paese. Io su questa strada non lo posso seguire». Magi aggiunge: «Martedì scorso abbiamo firmato un patto, nel quale era già previsto che poi il Pd avrebbe potuto fare accordi con altre forze politiche. E Letta, quando ha chiuso con Bonelli e Fratoianni, è stato molto chiaro nello spiegare che le due situazioni non erano sullo stesso piano». Ancora Bonino, nei ragionamenti condivisi con gli altri: «Quello tra noi e il Partito democratico, in questo caso, è un accordo ideale, geopolitico, se vogliamo strategico. Poi, certo, c’era anche l’obiettivo d non consegnare il 65-70% dei collegi uninominali al centrodestra». 

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L’EFFETTO SUI COLLEGI

Che invece adesso passa da essere il grande favorito ad essere la coalizione che può fare “il cappotto” ai suoi avversari. Il tutto per una scelta che Bonino e gli altri non capiscono visto che, parole ancora della senatrice, «Letta aveva anche riconosciuto Calenda come front runner vicino a lui», fa sapere ancora la senatrice.


E ora? Secondo Bonino «la scelta è inevitabile. Perchè alla fine non siamo noi che molliamo lui, ma lui che non viene più con noi dopo che abbiamo sottoscritto un patto». Per ratificare definitivamente la linea di +Europa manca però ancora un passaggio: la riunione della Direzione, già oggi. «Perché noi – è l’idea di Bonino e Magi – le decisioni le prendiamo collegialmente, passando per gli organi di partito, e non a colpi di tweet». E ogni riferimento è puramente voluto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero