Elly Schlein, Fassino: «La segretaria renda più chiare le sue proposte. Sbagliato abbandonare il riformismo»

L'ex segretario: l'Ucraina difende la sua libertà, dobbiamo sostenerla come fa il gruppo socialista e democratico Ue

Elly Schlein, Fassino: «La segretaria renda più chiare le sue proposte. Sbagliato abbandonare il riformismo»
Al Pd, per risollevarsi, servono «proposte più chiare» sui temi che interessano ai cittadini: lavoro, fisco, pensioni, ma anche Europa e transizione ecologica....

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Al Pd, per risollevarsi, servono «proposte più chiare» sui temi che interessano ai cittadini: lavoro, fisco, pensioni, ma anche Europa e transizione ecologica. A dirlo è Piero Fassino, uno dei padri nobili del Pd, già segretario dei Ds dal 2001 al 2007 e oggi deputato dem.

Cominciamo dal voto sulle armi a Bruxelles. Diversi europarlamentari Pd sono orientati per il no o l'astensione: si rischia di rompere l'unità del partito sulla guerra in Ucraina?
«Partiamo da un dato sostanziale. La guerra è nata con l'aggressione della Russia all'Ucraina, che combatte per difendere la propria libertà e sovranità, non solo la propria ma anche la nostra. Uno sforzo che va sostenuto con tutto il nostro sostegno, politico, economico e militare».

Dunque lei non avrebbe dubbi, su cosa votare.
«Io no. Rispetto l'opinione dei singoli parlamentari che non condividono la proposta della Commissione, ma ciò non cambia la posizione del Pd, che è favorevole, come tutto il gruppo dei socialisti e democratici. Rompere questa unità e isolarci sarebbe sbagliato. Peraltro l'utilizzo dei fondi Pnrr per forniture militari è stato per ora escluso dallo stesso ministro Crosetto. E chiediamo a Meloni di confermarlo in Parlamento».

 

 

Schlein però non ha chiesto agli europarlamentari di votare a favore. Una linea ambigua?
«Mi sembra che nei suoi pronunciamenti pubblici Schlein sia sempre stata molto chiara sulla necessità di sostenere Kiev, anche con l'invio di armi. I nostri voti lo dimostrano. Dopodiché tutti sosteniamo la necessità di mettere in campo ogni sforzo per un negoziato di pace. Ma bisogna essere consapevoli che i margini sono stretti: Putin rivendica l'annessione di una parte del territorio ucraino e dice che non intende trattare la sua restituzione, ma gli ucraini legittimamente non accettano una mutilazione del loro Paese».


Veniamo al flop amministrative. Non le sembra un tentativo di autoassolversi, dire - come fanno autorevoli dirigenti dem - che all'arrivo di Schlein i giochi erano già fatti?
«Penso sia ragionevole non caricare sulle spalle del segretario in carica da due mesi l'esito elettorale negativo: le ragioni della sconfitta sono maturate in un tempo più lungo. Però si tratta di una sconfitta grave che va affrontata seriamente. Dire "dateci tempo, risolveremo", non basta».

Dove ha sbagliato, il gruppo dirigente?
«Non si tratta di cercare l'errore, ma di sapere che la sinistra vive difficoltà in tutta Europa. Basta guardare gli esiti elettorali di questi anni. Non è un alibi, ma un'aggravante: rischiamo che alle Europee si concretizzi una maggioranza popolari-conservatori. Per quel che riguarda il Pd, vedo il maggiore problema nella perdita di radicamento. Non si crea una classe dirigente credibile a livello locale senza un rapporto stretto con la società, le sue domande e le sue aspettative».

 

 

Le Comunali erano il cavallo di battaglia dem. Che è successo?
«Si sono indeboliti i nostri legami con la società, la capacità di raccogliere domande e bisogni e tradurli in proposte. In passato non è stato così. E noi ci siamo adagiati su quella rendita di posizione».

Girano voci (smentite) di rimpasto in segreteria. Sarebbe utile?
«Non inseguiamo scorciatoie. Tutti dobbiamo lavorare per rilanciare il Pd, in spirito di collaborazione con la segretaria. Naturalmente occorre che lei sia capace di coinvolgere tutti, saper ascoltare e fare sintesi. Avendo fatto il segretario per sette anni, so che è chi guida che ha il maggior interesse all'unità».

Sta dicendo che finora Schlein ha agito in solitudine?
«Non do un giudizio dopo soli due mesi. Dico che l'unità del partito non dipende dal fatto che vinca una posizione o un'altra, ma dalla capacità di chi guida trovare un punto di condivisione in cui tutti, o una larga maggioranza, possano riconoscersi».

 

 

Sono mancate delle proposte concrete, da parte del Pd in questi mesi?
«Penso che il Pd debba rendere più chiare le sue proposte. Dalla questione dei redditi fino alle pensioni, al fisco e all'Europa. Come rilanciamo la crescita? Come affrontiamo la transizione energetica? Servono proposte credibili e convincenti, in cui i cittadini riconoscano le risposte ai loro problemi. E perché siano tali, c'è bisogno di un'elaborazione in cui tutti vengano chiamati a partecipare. Il rilancio del Pd non riguarda solo chi lo dirige. Coinvolgere tutti è la condizione per farcela».

Vede il rischio di perdere per strada i riformisti?
«Il riformismo è nel dna del Pd, lo dico perché ho contribuito a farlo nascere. Un Pd che smarrisse il profilo riformista non sarebbe il partito di cui l'Italia ha bisogno. E sarebbe sbagliato allontanarci dal progetto fondativo».

La vittoria a Vicenza cosa insegna?
«Che le comunali si vincono su scala locale. Contano il candidato e la proposta: se sono credibili si vince. Giacomo Possamai ha evitato che le elezioni a Vicenza diventassero un derby Meloni-Schlein. E ha fatto bene».

Se il Pd alle Europee va sotto il 20%, Schlein si deve dimettere?


«Non mi metto a fare previsioni. Mancano ancora nove mesi: nessuno può dire cosa succederà. E in ogni caso, io darò il mio contributo per il miglior risultato».
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Il Messaggero