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La tregua regge a fatica. Mentre la pace, sempre che arrivi, è rinviata a lunedì. Non si vedranno prima della prossima settimana Mario Draghi e Giuseppe Conte, al centro del caso che continua a far ballare l’esecutivo: la presunta (e poi smentita) richiesta del premier a Beppe Grillo di “mollare” il presidente M5S, rivelata dall’accademico e ideologo dei Cinquestelle Domenico De Masi. L’avvocato, per usare un eufemismo, è ancora irritato nei confronti del premier. Al punto che ieri ha prima adombrato una possibile regia di Draghi nella scissione di Luigi Di Maio. Poi è tornato a mostrarsi tentennante sulla volontà di restare all’esecutivo: «La nostra permanenza al governo? Noi le decisioni le prendiamo nell’ambito di una comunità: ci sarà un coinvolgimento degli organi politici e valuteremo – le parole che Conte pronuncia da Cortona, ospite di un evento di Area-Dem – L’incontro di lunedì sarà importante per chiarire e per capire dove siamo arrivati». Al punto che Enrico Letta, sullo stesso palco insieme a Roberto Speranza, sente la necessità di tracciare la sua linea rossa: «Il Pd non sosterrà altri governi che non siano questo: se ci sono cambiamenti, per quanto mi riguarda, ci confrontiamo alle elezioni».
Conte: Draghi ha scelto scissione? Ne parleremo...
Ce l’ha con Draghi, l’avvocato. Soprattutto per quella smentita arrivata parecchie ore dopo le parole di De Masi, che secondo i più anti-draghiani tra i pentastellati equivarrebbe a una mezza conferma del “piano” di disfarsi del loro leader. Ma è ancora furente pure per lo strappo del ministro degli Esteri, nel quale il presidente M5S ha cominciato a vedere la possibilità di un qualche di coinvolgimento del presidente del Consiglio. «Una scissione così non si coltiva in poche ore, c’era un’agenda personale che viene da fuori». È stato Draghi a suggerirla? «Ne parlerò con lui, lunedì», risponde l’avvocato. Un altro affondo.
Che tra i due non fosse tornato il sereno si era capito già in mattinata, quando Conte aveva annunciato un incontro chiarificatore con l’ex capo della Bce per il pomeriggio. Appuntamento poi slittato a lunedì. «Si fida ancora del premier?», gli chiedono i cronisti all’ora di pranzo.
Lo scontro
In questo clima torna a farsi sentire Luigi Di Maio, sempre più stufo dei continui “esco-non esco” dalla maggioranza del suo ex leader. E pure dalle parole sull’Ucraina di Conte, che dal palco di Area-Dem dice la sua pure sul conflitto: «Sono convinto che una vittoria militare di Kiev sulla Russia non sia a portata di mano: è una chimera». Ecco perché, insiste Conte, «bisogna spingere sul negoziato di pace», purché «nel quadro di un’alleanza europea e euro atlantica». Un colpo a Draghi, uno Di Maio. «Non si può continuare a picconare il governo in un momento così difficile per l’Italia», affonda il ministro degli Esteri. Convinto che «minacciare crisi a giorni alterni non fa che creare problemi al Paese: non si può stare dietro alle scorribande politiche ogni giorno». «A volte – attacca Di Maio – i partiti dell’opposizione si dimostrano più responsabili di alcune forze della maggioranza». Poco dopo sono gli uomini del ministro a sganciare la bomba. I contiani? «Pazzi: erano pronti a far cadere il governo – assicurano, numeri alla mano – e avrebbero portato l’Italia su posizioni anti-Nato. Avevano anche preparato una risoluzione che andava verso questa direzione. Poi è saltato tutto, ma erano già pronti».
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La crisi di nervi
È un’altra giornata sull’orlo della crisi di nervi, per i Cinquestelle. Inasprita da un post dal sapore accusatoriocomparso sul blog di Beppe Grillo. Stavolta rivolto contro i «traditori. «Talvolta - scrive l’Elevato rifacendosi all’Otello di Shakespeare – il traditore può sentirsi un eroe, ma agli occhi solo di qualche suo compare Jago, giammai nell’animo di chi ha fatto della lealtà e della schiettezza la sua ragione di vita». C’è chi è convinto che le accuse siano rivolte proprio a Conte. Ma per sapere se sarà guerra, pace o tradimento si dovrà aspettare ancora. Almeno, fino a lunedì.
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Il Messaggero