Mattarella, Mirabelli: «Anche con le nuove norme il presidente può restare. E i tempi sono lunghissimi»

Il costituzionalista: «Parlare di elezione diretta dice poco se non si precisa il modello e senza un complessivo riequilibrio dei poteri»

Mattarella, Mirabelli: «Anche con le nuove norme il presidente può restare. E i tempi sono lunghissimi»
No, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, non dovrà dimettersi in caso di riforma presidenziale. E comunque servirebbe talmente tanto tempo che, di fatto, il settennato...

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No, il capo dello Stato, Sergio Mattarella, non dovrà dimettersi in caso di riforma presidenziale. E comunque servirebbe talmente tanto tempo che, di fatto, il settennato sarebbe già vicino alla sua conclusione naturale. Il costituzionalista Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, mette in guardia dalle conseguenze dell’elezione diretta del presidente della Repubblica inserita nel nostro attuale sistema in assenza dei necessari aggiustamenti.


Con il presidenzialismo, Mattarella dovrebbe dimettersi?
«Innanzitutto, una riforma in senso presidenziale richiede la revisione della Costituzione. Non è una procedura semplice, immediatamente deliberata. Impiegherebbe l’intera legislatura. Tra l’altro, se non approvata con i due terzi dei voti in seconda lettura da entrambi i rami del Parlamento, ci sarebbe la possibilità del referendum confermativo. In sintesi: è probabile che comunque il settennato di Mattarella giunga quasi al suo termine naturale».
Ma esiste un automatismo?
«No. Non c’è un dovere di dimissioni. Certo, se ci sarà un mutamento profondo dell’assetto istituzionale, starà poi alle valutazioni del presidente della Repubblica decidere, ma non è improbabile che ci sia, dopo un’eventuale approvazione, anche uno spazio di tempo per la effettiva attivazione di una riforma di questo tipo. Parliamo di cose futuribili, sarebbe più opportuno pensare alla sostanza».

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Cioè?
«Una riforma di questo tipo richiede una revisione complessiva delle istituzioni. Non si può toccare solamente il tassello che riguarda il presidente della Repubblica senza valutare quali nuovi equilibri, tra i diversi poteri dello Stato, sono richiesti. E quali poteri vengono attribuiti dal presidente della Repubblica».
Oggi ha soprattutto un ruolo di garante.
«Il presidente della Repubblica può essere, e lo è solitamente nei regimi presidenziali, il capo dell’esecutivo, il titolare dei poteri esecutivi. Ma attenzione: il presidente della Repubblica è eletto direttamente anche, ad esempio, nel modello francese nel quale però si il semipresidenzialismo. Dunque, cosa c’è dietro alla formula “elezione diretta del presidente della Repubblica?”. Può essere un capitolo in discussione, ma si tratta allora di vedere quali sono i contenuti. Certamente sono diversi i poteri del presidente della Repubblica eletto dal popolo negli Stati Uniti da quelli del presidente della Repubblica, sempre eletto dal popolo, in Francia. Nel primo caso è un presidenzialismo che potremmo definire puro, nell’altro è un semipresidenzialismo. Oggi l’obiettivo di chi propone questa riforma è aumentare i poteri presidenziali, ma come?».


Sarebbe impensabile in Italia introdurre l’elezione diretta del capo dello Stato senza cambiare null’altro dell’attuale sistema?
«Mi sembrerebbe una elezione diretta che lo rafforza politicamente, ma non gli attribuisce poi alcun rafforzamento dei poteri. Avrebbe un eccesso di patrimonio politico e investitura politica rispetto al ruolo che può e deve esercitare. Ma non potrebbe essere speso se non forzando la Costituzione».
Potremmo pensare all’elezione diretta del primo ministro?
«Mi sembrerebbe singolare, andremmo a modificare anche i poteri del capo dello Stato, che non potrebbe più nominare il presidente del Consiglio, e del Parlamento, che non potrebbe più sfiduciarlo. Si tratta di un mosaico in cui non si può cambiare una tessera senza modificare anche le altre. Serve un disegno complessivo che riguarda i diversi poteri».


Per la tradizione politica italiana quale potrebbe essere il modello adattabile? Quello francese o quello americano?
«C’è un terzo modello, quello tedesco del cancellierato, che assicura ugualmente stabilità anche nella ipotesi di difficile formazione del governo sulla base del negoziato tra forze politiche differenti. Più prossimi alla tradizione italiana possono essere il modello francese del semipresidenzialismo o quello tedesco del cancellierato. Attenzione, poi: anche il presidenzialismo del modello americano, ha esiti diversi a seconda del Paese nel quale è applicato, della cultura politica e della tradizione. Il presidenzialismo è anche quello dell’America Latina, con esiti molto diversi».



 

 

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Il Messaggero