Lo “scippo” dei beni culturali: così lo Stato perde i suoi tesori

Lo “scippo” dei beni culturali: così lo Stato perde i suoi tesori
ROMA Da Leonardo a Mantegna, passando per Tiziano e Tintoretto, abbracciando a volo d’uccello le Grotte di Catullo, i palazzi sul Canal Grande e la Villa Pisani sulla...

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ROMA Da Leonardo a Mantegna, passando per Tiziano e Tintoretto, abbracciando a volo d’uccello le Grotte di Catullo, i palazzi sul Canal Grande e la Villa Pisani sulla riviera del Brenta, la corsa per l’autonomia della Lombardia e del Veneto passa anche per i grandi tesori d’arte. La strategia sta tutta nello strappo di quella “potestà” statale su musei, monumenti, palazzi, siti archeologici, persino biblioteche e archivi storici, con l’obiettivo di traghettare tutte le responsabilità lontano da Roma e dagli uffici centrali del Collegio Romano. Una scacchiera costruita ad arte, ça va sans dire. Lo si legge con chiarezza nelle riservatissime bozze di intesa tra il premier Giuseppe Conte e i governatori di Lombardia e Veneto che Il Messaggero ha potuto leggere, dove vengono richieste tutte le competenze in «valorizzazione dei beni culturali e ambientali, promozione e organizzazione di attività culturali», e «tutela». Più funzioni, più risorse e più beni saranno dirottati verso il Nord, più forte diventerà il gettito Irpef che potrà conservarsi nei territori lombardo-veneti. Non solo. 


Ma con la cultura si mangia eccome (contravvenendo ad un vecchio adagio oramai considerato stantio), e il patrimonio museale smuove milioni di euro su cui i governatori vogliono avere l’ultima parola. In ballo, numeri alla mano, c’è il complesso di musei statali della Lombardia che nel 2017 - i dati del 2018 non sono stati ancora resi pubblici dal Mibac - ha collezionato oltre un milione e ottocentomila persone paganti con un incasso netto di quasi 8,2 milioni di euro. Il Veneto, dal canto suo, ha calamitato quasi 1,1 milioni di visitatori con due milioni e mezzo di euro netti. Come spiegano le bozze, allora, le regioni guidate da Attilio Fontana e Luca Zaia hanno chiesto che vengano acquisite al loro demanio «la potestà legislativa, e le funzioni amministrative in materia di valorizzazione» di una serie di luoghi e istituti che rientrano sotto l’egida del Ministero dei Beni culturali. 

LE SOPRINTENDENZE
Uno scippo per il quale viene anche richiesta «l’attribuzione delle relative risorse umane, finanziarie, e strumentali», oltre - si badi bene - alla funzione tecnica delle soprintendenze sul territorio. E se minori saranno le risorse e i ruoli professionali che rimarranno “attivi” nella cabina di regia romana, ecco che il ministero potrebbe essere «ridimensionato». Nelle bozze dell’accordo con la Lombardia, spicca una lunga golden list di istituti culturali che Fontana vorrebbe accogliere sotto la propria ala. Nomi di spicco. Come il Cenacolo Vinciano di Milano, che nell’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo sta per diventare il monumento icona. Secondo i dati dell’ufficio statistico del Mibac, s’è piazzato al 16esimo posto nella classifica dei trenta musei italiani più visitati nel 2017, con quasi 417mila ingressi e un incasso netto di 3,1 milioni. Lo segue la Pinacoteca di Brera, con 365mila visitatori e oltre 1,7 milioni di euro netti finiti nella casse del museo diretto dal canadese James Bradburne. Una gestione autonoma, quella della casa del Cristo morto di Mantegna, che dovrebbe cambiare interlocutore politico. In tutto, sono 24 le realtà su cui punta la Lombardia a macchia d’olio. Dal Palazzo Ducale di Mantova, 22esimo nella top list con 324mila ingressi e 1,7 milioni di introiti (anch’esso autonomo con l’austriaco Peter Assmann), al Castello Scaligero di Sirmione, con 297mila visitatori e oltre 1 milione di incassi, fino al circuito delle Grotte di Catullo che hanno fruttato 616mila euro netti nel 2017. 

LE OPERE ALL’ESTERO

Inoltre, le mire del Veneto si estendono a tutti i beni immobili e mobili del territorio regionale, richiedendone la competenza legislativa in materia amministrativa, di tutela e valorizzazione, nonché la disciplina su tutto il patrimonio culturale di origine veneta presente all’estero. Dal Museo Archeologico di Venezia, visitato da 344mila persone, alla Galleria dell’Accademia, il 23esimo museo più visitato d’Italia con 317mila persone e incassi per quasi 1,7 milioni. Se la cultura fa girare l’autonomia.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero