Arata, i nuovi audio: «La nomina di Siri l'ho pilotata io, ci aiuta e lo pago»

Era Vito Nicasti a decidere come l'ex sottosegretario Armando Siri dovesse proporre le modifiche alla legge e ottenere i finanziamenti alle aziende del minieolico....

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Era Vito Nicasti a decidere come l'ex sottosegretario Armando Siri dovesse proporre le modifiche alla legge e ottenere i finanziamenti alle aziende del minieolico. L'imprenditore, indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso e accusato di avere favorito la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro, era il socio occulto di Paolo Arata, ex consulente della Lega, e sponsor di Siri. Per salvare le aziende voleva un suo uomo nel governo e c'era riuscito. L'ultima informativa della Dia, consegnata alle procure di Roma e Palermo, rivela quale peso Arata, recentemente arrestato, abbia avuto nella nomina del sottosegretario leghista. Si rivolgeva l'imprenditore a Gianni Letta, perché intervenisse su Berlusconi, al cardinale sovvranista Raymond Leo Burke e anche a Steve Bannon, durante i mesi di lunga gestazione del governo, lo stesso Siri, che per i favori avrebbe ottenuto la priomessa di 30mila euro, lo pregava di contattare i suoi amici potenti per ottenere un incarico. I favori da parte del futuro sottosegretario (dimessosi dopo lo scandalo), per Arata, erano certi: bastava pagare. O almeno così diceva, sostenendo che i politici siano come le banche. «Si c'è l'emendamento, la Legge di Bilancio però, anche chi me lo presenta, a parte che costa, non è che è gratis, tin tin, devo tirar fuori». Ai sovranisti americani, però, Arata si rivolgeva anche per ottenere una nomina del figlio, Federico, possibilmente agli Esteri. Naufragato questo tentativo era riuscito a fargli avere un incarico di consulente del sottosegretario Giancarlo Giorgetti


LA TANGENTE
L'ipotesi dei pm è che per 30mila euro Siri con emendamenti, più volte presentati e sempre cassati, abbia tentato di garantire finanziamenti di stato alle aziende di arata-Nicastri. Circostanza che emerge dalle conversazioni tra l'imprenditore e il figlio. Annotano gli investigatori: «L'Arata era cristallino nel ribadire il concetto ai suoi interlocutori: La tempistica è questa - dice - se entra nel decreto gli do 30mila euro». E ancora: «Quello che non mi fa dormire di notte è il fronte incentivi, perché la grande soluzione di tutti i problemi nostri è il fronte incentivi l'emendamento che non è stato fatto bene mi ha detto il vice ministro, che mi ha chiamato prima, che gli do trentamila euro. Però è un amico come lo fossi tu, però gli amici mi fai una cosa io ti pago e quindi è più incentivato».
È la primavera del 2018 e Arata parla con il figlio in merito alle modifiche da approvare. «Bisognerebbe dirglielo a Vito (Nicastri ndr)) che ci lavori lui su quest'aspetto qua, sia sul fotovoltaico, bisogna ricordare a Manlio (Nicastri ndr)di dirglielo a suo papà, gli date la bozza, lui se la studia e ci facciamo mettere le cose che ci interessano a noi. Facciamo mettere quello che vogliamo, facciamo approvare subito nel giro di un mese e lo mandiamo via».

IL DETTAGLIO
Avere un uomo nel governo per Arata era fondamentale, così a maggio 2018, durante le consultazioni per la formazione del governo, parla con il figlio Francesco e gli racconta uno dei suoi incontri con Gianni Letta: «Pensa un po' che Armando l'ho fatto chiamare io da Berlusconi, devo dire che Letta è sempre un amico. Sono andato lì, gliel'ho detto, Armando dice se non mi sostiene Berlusconi...Salvini non so. Allora devo dire che subito dopo l'ha chiamato». Ma Arata, che parla anche di un colloqui con Salvini, mai registrato dagli investigatori, vuole ottenere un incarico anche per il figlio Federico, poi diventato consulente del sottosegretario Giancarlo Giorgetti: «Ha detto (Letta ndr) che interviene anche su Giorgetti per Federico, così Giorgetti è stato mezz'ora con Federico». Ma Arata fa di più: «Oltre a interessare Letta - annotano gli investigatori - Arata ricorreva all'aiuto del cardinale Burke, esponente cattolico con addentellati nell'amministrazione statunitense. Del resto è lo stesso Siri a chiedere aiuto agli Arata, cercando di arrivare al capo dello Stato Mattarella. La sera del 17 maggio 2018 Federico Arata chiama il padre: «Papà, Armando, che mi ha chiamato poco fa, mi ha detto se potevo fargli arrivare qualche sponsorizzazione dall'ambasciatore americano che a quanto pare si sente con il presidente Mattarella e allora papà il cardinale non lo conosce questo ambasciatore e l'ambasciatrice quell'altra sta in America quindi l'ho chiamato ma mi ha detto che era difficile che poteva... anzi è difficile, potrei avere anzi un effetto contrario».


I due Arata non riuscendo ad avere un collegamento «con l'ambasciatore tramite il cardinale, concordavano di provare ad agevolare Siri raggiungendo l'ambasciatore tramite Steve Bannon. Il 6 aprile 2018 Arata chiama il porporato: «Se può fare quel famoso intervento su Giorgetti dagli Stati Uniti». E Burke risponde: «Lui mi ha detto di aspettare un segnale». Poi la richiesta per il figlio: «Invece dagli Stati Uniti riesce, mi diceva Federico, a far arrivare qualche messaggio perché se lui Federico andasse agli Esteri, come vice ministro, sarebbe una cosa importante per tutti. È decisivo anche per gli Stati Uniti, perché avendo un buon rapporto e perché rischia di andare agli esteri Di Maio». Il cardinale annuisce, dà la sua disponibilità. Il 27 maggio la Dia annota un incontro tra Paolo Arata e Bannon. Mentre l'imprenditore torna a chiamare il cardinale a giugno quando Siri è già sottosegretario e spera in un incarico, che presto arriverà, per Federico: «Un passo alla volta l'abbiamo fatto, giusto? - dice l'imprenditore - adesso qualche nostro amico c'è già nei posti giusti».



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