Grasso, retorica ugualitaria per scaldare gli animi della sinistra

Grasso, retorica ugualitaria per scaldare gli animi della sinistra
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Discorso semplice. Pieno di retorica ugualitaria. Con le citazioni adatte alla platea (l'"ottimismo della volontà" di Antonio Gramsci) e le stoccate a Renzi ("Non sarò l'uomo solo al comando" e cose così). In più quel tono tra l'enfatico e il commosso, capace di scaldare il petto del popolo di sinistra - accorso in massa all'investitura di Pietro Grasso a leader - e utile al ceto politico dalemian-bersaniano e dintorni per dare l'impressione che non si tratta dell'ennesimo mossa politicista è autoreferenziale questo nuovo inizio all'insegna dell'ex pm diventato condottiero di partito. Con il compito di indebolire il partito democratico e riprendere un po' di voto grillino. Vasto programma? "Avremo un risultato a due cifre alle elezioni", assicura D'Alema. Altri si chiedono intanto, nella sala dell'Eur dove si svolge il tutto, "quanto traina la figura di Grasso in numero di voti"? C'è chi dice, tra lo scettico e il realista, che può valere l'1 per cento. Il resto, ce lo devono mettere i soliti: D'Alema, Bersani e compagnia. Ma guarda caso, Susanna Camusso è stata tra i più applauditi in questa convention. Perché la nuova sinistra che dice di non volersi fare identificare come vecchia sinistra - infatti l'unico punto di rosso è stata la cravatta alla Corbyn di Grasso - spera molto nel sostegno della Cgil per avere voti. E lo avrà, per quel che ancora conta il sindacato (a sua volta in parte grillizzato). Quando però dal palco Grasso viene acclamato come il nuovo Ingrao ("Il nome Pietro e molto caro a tutti noi per un fatto di grande memoria", viene detto al microfono), qualcuno in platea ha toccato ferro: "Ingrao era sempre il più applaudito ma perdeva ogni battaglia". Anche per Grasso applausoni a getto continuo e standing ovazioni, e pieno entusiasmo per la sua capacità passionale degna - in piccolissimo - di Ingrao. Proprio per questo, per evitare paragoni, gli converrebbe farsi chiamare non Pietro ma Piero (visto che ha due nomi): perché magari porta meglio.
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Il Messaggero