Autostrade e il nodo concessione, stop alla trattativa: lo scontro rinviato a fine marzo

ROMA Tempo scaduto o quasi per Autostrade. Il governo ha infatti deciso di lasciare nel limbo la trattativa con Atlantia, affidando al decreto Milleproroghe, che ieri ha ottenuto...

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ROMA Tempo scaduto o quasi per Autostrade. Il governo ha infatti deciso di lasciare nel limbo la trattativa con Atlantia, affidando al decreto Milleproroghe, che ieri ha ottenuto la fiducia, il compito di far naufragare lentamente una possibile mediazione. Le norme approvate dalla Camera non solo consentono, almeno a livello teorico, di togliere con maggiore facilità la concessione ad Aspi per consegnarla all’Anas, ma riducono anche la possibile penale a circa 6 miliardi. Il via libera definitivo del Senato arriverà a fine mese, ma modifiche in extremis, come chiesto dal gruppo privato, sono ormai impossibili da attuare. 


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I PALETTI
Anche perché dal Mit, nonostante piccole aperture, si ripete come un mantra che il dossier sulla revoca «è definito e che non esistono spazi di manovra». «Troppo impopolare fare marcia indietro - sostengono fonti di governo vicine al Pd - e troppo tardi anche per ricercare altre soluzioni viste le gravi inadempienze legate al crollo del Ponte Morandi». Eppure in questo ultimo mese dei tentativi di mediazione c’erano stati.

Atlantia, dopo aver tolto la fiducia all’ad Giovanni Castellucci e cambiato il management, aveva offerto un sostanzioso aumento degli investimenti in manutenzione e controlli, un cambio di passo nell’organizzazione interna, la disponibilità ad abbassare i pedaggi in maniera strutturale ma compatibile con i piani finanziari, più risorse da dedicare a Genova e controlli a tappeto su tutta la rete. E, da ultimo, la vendita stessa di Autostrade, manifestando l’intenzione di scendere ben sotto al 50%. Tutto inutile, almeno a giudicare dall’assenza di reazione dell’esecutivo. Perché anche da Palazzo Chigi i segnali di pace tanto attesi non sono arrivati. Anzi nei colloqui riservati non si è fatto che ripetere che la tragedia di Genova ha segnato un punto di non ritorno, una vulnus incolmabile, un confine superato.

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Difficile dire se la chiusura sia più tattica che strategica, sta di fatto però che anche l’ipotesi di una maximulta o quella della revoca parziale della concessione limitata al tratto ligure, circolate con forza, sono cadute nel vuoto. Lasciando aperto la strada, salvo colpi di scena, solo ad uno strappo. Del resto la stessa Atlantia, dopo aver letto il testo del Milleproroghe a dicembre, aveva deciso di tutelarsi annunciando che in assenza di cambiamenti normativi, sarebbe potuta scattare la contromossa con la riconsegna della concessione e la richiesta di un indennizzo monstre da circa 25 miliardi per violazione del contratto.

L’articolo 9 della convenzione stabilisce infatti che, in caso di modifiche normative, il concessionario possa entro 30 giorni esprimere il proprio consenso o dissenso. Atlantia il 22 dicembre aveva già manifestato contrarietà con una lettera formale indirizzata al Mef e al Mit ed entro sei mesi dall’approvazione del decreto può quindi restituire gli asset e ottenere in cambio il risarcimento. In sostanza, al di là del confronto, il conto alla rovescia è già cominciato. Tant’è che questa prospettiva ha determinato l’abbassamento del rating a livello “spazzatura” dei bond Atlantia e le fortissime preoccupazioni dei grandi soci internazionali.

Difficile immaginare quando verrà premuto il grilletto, perché la norma contestata, una volta approvato il Milleproroghe, entrerà nel mirino della Commissione Ue, già allertata dai maggiori azionisti.Scatenando, è evidente, una battaglia legale senza precedenti. Da un lato infatti il governo è convinto di dimostrare le «gravissime inadempienze», «i ritardi colpevoli nelle manutenzioni», «le responsabilità della società nei controlli» che fanno da perno alla revoca, dall’altro il gruppo privato si difende affermando che non c’è ancora una sentenza passata in giudicato, né prove concrete sulle cause del terribile crollo del viadotto che ha provocato 43 vittime.

L’idea del Mit di varare un provvedimento correttivo rispetto al Milleproroghe, per dare più tempo alla trattativa, è stato considerato insufficiente, così come l’ipotesi di creare in breve tempo un polo infrastrutturale pubblico-privato insieme a Cdp o al F2i. Proprio il destino della concessione e le incognite sulle future tariffe impediscono ad eventuali nuovi investitori, istituzionali o non, di poter studiare il dossier. Le incertezze contribuiscono solo ad abbassare il valore di Aspi.


Di fronte a questo quadro, come accennato, la contro-misura è già stata attivata a dicembre, con il warning a tutela dei soci e dei risparmiatori che detengono le azioni del colosso delle infrastrutture, indirizzato al Tesoro. Ma prima di diventare operativa la contromossa (con la restituzione della concessione allo Stato), dal ministero deve arrivare una lettera per avviare la procedura di revoca formale. Aspi avrà quindi altri 60 giorni per replicare. Di tempo a disposizione per evitare la rottura ce n’è ancora. E non è escluso che a marzo si possano aprire degli spiragli. Poi la parola passerà agli avvocati. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero