Il leader curdo Barzani dal Papa dopo il referendum sull'indipendenza

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Città del Vaticano - Missione in Vaticano del premier curdo, Nechirvan Barzani che stamattina ha incontrato Papa Francesco per un colloquio privato che arriva a quattro...

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Città del Vaticano - Missione in Vaticano del premier curdo, Nechirvan Barzani che stamattina ha incontrato Papa Francesco per un colloquio privato che arriva a quattro mesi dal referendum sull'indipendenza della regione del curdistan iracheno. L'ultima volta che Barzani era transitato Oltretevere per sondare il terreno per un supporto indipendentista era nel 2015. Il corrispondente di Rudaw, il network curdo, ha riferito che il Papa è sembrato piuttosto preoccupato per la situazione in Iraq, soprattutto in merito al quadro che riguarda i rifugiati costretti a fuggire durante il conflitto con l'Isis. Secondo dati non ufficiali i cristiani iracheni di diverse confessioni coinvolti in questi anni nelle migrazioni forzate per sfuggire al Califfato sarebbero almeno 400 mila. Di questi 100 mila sono stati accolti nella regione curda in attesa di tornare a Baghdad o a Erbil. Il Vaticano ha sempre sostenuto il ritorno dei cristiani nei loro luoghi di origine.


Il nodo politico principale del futuro della regione curda è naturalmente legato al referendum che si è svolto il 25 settembre scorso. Praticamente un plebiscito che dava mandato al governo curdo di avviare negoziati con il governo iracheno per la creazione di uno stato. L'area autonoma dell’Iraq curdo attualmente è già ampiamente indipendente dal 1991.

L'ipotesi della secessione non è ben vista a livello internazionale perchè destabilizzerebbe ulteriormente l'area. La Turchia e l’Iraq hanno condotto esercitazioni militari vicino ai confini del Kurdistan iracheno, dichiarando recentemente che faranno tutto il possibile per boicottare l'aspirazione indipendentista.

Nel mondo si contano circa trenta milioni di curdi sparsi tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Il voto referendario non includeva quelli che vivono in Turchia (che sono la netta maggioranza) o che vivono in Iraq e Siria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero