Migranti e mafia albanese, così i clan schipetari hanno preso il controllo del traffico di esseri umani in Europa

L'emergenza dei migranti ​rappresenta il nuovo eldorado delle oltre 40 bande albanesi che operano in tutta Europa, dal Belgio alla Spagna, dalla Grecia alla Francia fino all'Inghilterra

Migranti e mafia albanese, così i clan schipetari hanno preso il controllo del traffico di esseri umani in Europa
«Besa», ovvero la «fiducia», rappresenta il sacro codice d'onore della mafia albanese. Un contratto inviolabile e indissolubile, che gli affiliati dei...

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«Besa», ovvero la «fiducia», rappresenta il sacro codice d'onore della mafia albanese. Un contratto inviolabile e indissolubile, che gli affiliati dei clan schipetari si cuciono addosso fin dal loro giuramento, essenza ritualistica di un patto di sangue che proietta un'intera nuova generazione nel crimine e nella brutalità. Nessun pentito, nessuna gola profonda, pochissimi intermediari e assoluta “professionalità”. È così che la rete mafiosa albanese è riuscita a garantirsi in Europa un ruolo primario nel commercio di cocaina. Lo ha ribadito l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC), confermando gli studi dei massimi esperti di criminalità organizzata. Ma l'altro segmento dell'enorme potere della Mafja Shquiptare è rappresentato dal traffico di esseri umani. L'emergenza dei migranti rappresenta il nuovo eldorado delle oltre 40 bande albanesi che operano in tutta Europa, dal Belgio alla Spagna, dalla Grecia alla Francia fino all'Inghilterra. Nonostante l'immagine agiografica di una criminalità rurale e pressoché primitiva, le bande albanesi hanno saputo cogliere i cambiamenti e le contraddizioni del nostro secolo, sfruttandone fragilità e incertezze. 

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L'organizzazione

I clan hanno mutuato la regola aurea dei cartelli messicani: corruzione e terrore per poi operare in trincea. L'Europol, già nel 2006, aveva riferito che il 90% dei migranti che raggiungevano l'Europa utilizzava una rete di contrabbando, generando così per le mafie un indotto tra i cinque e i sei miliardi di dollari. Operando a stretto contatto con le organizzazioni mafiose italiane, gli albanesi, secondo un recente studio di diversi operatori francesi del settore, avrebbero corrotto «migliaia di dipendenti pubblici usandoli come filtro per quanto riguarda la qualità dei documenti falsi e il loro rilascio».  

La mappa

Per contrastare i cartelli, il governo albanese aveva istituito nel 2019 la struttura speciale anticorruzione e criminalità organizzata (Spak), guidata dal magistrato Arben Kraja che, in un'intervista del 2021, aveva ammesso che i gruppi criminali locali stavano aumentando le loro attività per sfruttare le opportunità offerte dalla globalizzazione. Una sfida enorme, resa ancor pià dura dal latente clientelismo di alti funzionari locali: tra le persone accusate o condannate per aver aiutanto a vario titolo i clan ci sono un ex ministro e l'ex procuratore capo. La mafia albanese ha stabilito reti di trafficanti in tutto il Nord Africa – dal Marocco alla Libia – e nei Balcani, controllando le rotte migratorie e i campi di transito. Negli ultimi anni si sono spinti nel nord della Francia, da qui l'aumento del numero di piccole imbarcazioni attraverso la Manica dal 2018.

 

 

Sebbene gli albanesi organizzino le reti, di solito sono le bande curde, siriane e marocchine ad essere presenti sulle spiagge e a fare da braccio armato.  Per quanto rigurda il nostro Paese basta leggere una relazione della Dia di qualche tempo fa: «Gli albanesi padroneggiano in maniera esclusiva la rotta balcanica verso l'Italia». Difficile riesca a muoversi un'imbarcazione senza il loro assenso. E così ogni movimento illecito diventa fonte di guadagno: armi, stupefacenti, ma anche migranti, il cui traffico è spesso affidato alle organizzazioni criminali turche. 

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