Libia, stop all’export del petrolio. L’Onu: «Conseguenze devastanti»

Nuovi sviluppi nella crisi libica. La tensione non si abbassa. La Noc sta impartendo in queste ore disposizioni per la chiusura dei terminal petroliferi di Ras Lanuf,...

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Nuovi sviluppi nella crisi libica. La tensione non si abbassa. La Noc sta impartendo in queste ore disposizioni per la chiusura dei terminal petroliferi di Ras Lanuf, Brega e al Sidra, nell'est della Libia, ipotizzando «cause di forza maggiore». Lo riferiscono all'agensa Ansa fonti della sicurezza italiane, «al netto della dilagante retorica e propaganda di parte» nel Paese. Il terminal di Zueitina risultava stamani funzionante con una petroliera che, a quanto si apprende, avrebbe effettuato correttamente il carico. Ma si ritiene che la Noc possa chiederne la chiusura domani. Quelle della Noc, spiegano ancora le fonti, sono azioni a difesa degli interessi che derivano dalla commercializzazione degli idrocarburi e anche in vista di possibili cause legali. È infatti la Noc l'unica titolata a disporre lo «shut down» e a dichiarare la «causa di forza maggiore».


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Al Arabiya, citando sue fonti, dà notizia di consultazioni in corso tra paesi arabi ed europei in merito al progetto di accordo della conferenza di Berlino sulla Libia. Tra le varie cose, riporta l'emittente panaraba, si discute della formazione di un nuovo consiglio presidenziale libico e di un nuovo governo, si sta valutando la possibilità di formare un comitato neutrale per preparare una nuova costituzione ed è in discussione anche un accordo tra paesi arabi ed europei per prevenire interferenze turche in Libia.


Al Haliq Al Zawi, leader della tribù Zouaiya dell'Est della Libia, ha annunciato all'agenzia di stampa libica Lana l'intenzione di voler chiudere porti e campi petroliferi dell'est della Libia, sostenendo che «il movimento mira a prosciugare le fonti di finanziamento del terrorismo bloccando le entrate petrolifere, e a chiedere il ritorno della sede della compagnia petrolifera nazionale a Bengasi». Il capo tribale ha dichiarato che sono già stati chiusi il giacimento di Al Sarir e bloccato il porto petrolifero di Zueitina, e «domani assisteremo alla sospensione delle attività in tutti i giacimenti petroliferi e quindi alla sospensione di tutti i terminal nella parte est del paese».

«La chiusura dei giacimenti e dei terminal petroliferi è una decisione puramente popolare. Sono stati i cittadini a decidere», ha detto il portavoce delle forze pro-Haftar Ahmed Al-Mismari alla televisione libica Al-Hadath, vicina alle posizioni del generale Khalifa Haftar, riporta l'Afp. In una conferenza stampa nella notte, Mismari ha sottolineato che le forze pro-Haftar «non interverranno se non per proteggere le persone nel caso in cui si trovassero ad affrontare un pericolo». Per Haftar, l'offensiva su Tripoli mira a liberare la capitale dei «terroristi», in riferimento ai suoi rivali del governo di Tripoli.

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i rischi di un blocco della produzione sono grossi. Un'iniziativa che è stata definita «strutturata» potrebbe essere messa in atto con la chiusura dei terminal dell'Oil Crescent, e in particolare nei confronti del sito di Zuwetina. E questo finirebbe con il coinvolgere anche la produzione italiana, perché impatterebbe sull'attività del sito di Abu Attifel che esporta l'olio prodotto proprio attraverso il terminal Zuwetina. Da Abu Attifel arrivano a Zuwetina, solo di interesse dell'Eni, circa 16.000 barili al giorno su un complessivo di circa 90.000.

L'iniziativa è stata organizzata per protestare contro la presenza turca in Libia, perché sostiene Haftar e i suoi seguaci che «i mercenari turchi» vengono pagati con i proventi della commercializzazione degli idrocarburi e del gas. Iniziative dello stesso tipo potrebbero allargarsi e coinvolgere anche il complesso di Mellitah, dove, però, i manifestanti troverebbero la sicurezza di Zuwara pronta a svolgere una robusta azione di contrasto.
In questo clima, l'Italia riceve l'endorsment della Russia. Ieri il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha dichiarato che non è stata l'Italia «a commettere errori nel paese. L'errore principale - ha detto - è stato compiuto nel 2011 quando la Nato ha deciso di bombardare la Libia e l'Italia non era tra i Paesi che hanno spinto per questa soluzione». Poi ha concluso: «Ora quel che serve è unire i libici e non è facile dato che Haftar e Serraj non riescono nemmeno a stare nella stessa stanza».

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La missione Onu in Libia esprime «profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio» nel Paese. «Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico che dipende dal libero flusso di petrolio - si legge in un comunicato dell'Unsmil - e avrebbe effetti terribili per la situazione economica e finanziaria già deteriorata del Paese». L'Unsmil reitera «l'importanza di preservare l'integrità e la neutralità della National Oil Corporation».

Di fronte agli appelli e alle minacce di fazioni vicine al generale Khalifa Haftar, che comanda l'est della Libia compresa l'importante 'mezzaluna petrolifera', di bloccare i porti e gli impianti di petrolio della Cirenaica, l'Unsmil - alla vigilia della Conferenza di Berlino - «esorta tutti i libici a esercitare la massima moderazione, mentre i negoziati internazionali continuano a mediare la fine della lunga crisi della Libia, inclusa la raccomandazione di misure per garantire la trasparenza nella distribuzione delle risorse».
 

Libia, parla Giuseppe Conte

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la Cancelliera Angela Merkel hanno avuto in tarda mattinata una conversazione telefonica utile a scambiarsi un ultimo aggiornamento in preparazione della Conferenza prevista per domani a Berlino. Lo rende noto Palazzo Chigi.

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