Il negoziato/Partita a scacchi: in gioco il dominio sul Nord Africa

Il negoziato/Partita a scacchi: in gioco il dominio sul Nord Africa
La conferenza di Berlino ambisce a dare un nuovo assetto politico alla Libia ponendo fine al conflitto. Ogni capo di Stato siede al tavolo avendo in mente gli obiettivi massimi e...

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La conferenza di Berlino ambisce a dare un nuovo assetto politico alla Libia ponendo fine al conflitto. Ogni capo di Stato siede al tavolo avendo in mente gli obiettivi massimi e gli obiettivi minimi, al di sotto dei quali c’è la sconfitta diplomatica. I Paesi coinvolti nella conferenza sono numerosi. Cinque sono i più importanti: Italia, Turchia, Egitto, Francia e Russia. Trump ha scelto la via del disimpegno e ha interessi secondari. Può essere utile conoscere gli obiettivi massimi e quelli minimi dei Paesi più coinvolti. 




L’ITALIA PUNTA 
ALLA TREGUA PER SERRAJ
L’obiettivo minimo dell’Italia è ottenere una tregua che consenta al governo di Tripoli, suo protetto, di recuperare le forze dopo mesi d’assedio. L’obiettivo massimo è ottenere il ritiro delle truppe di Haftar. Se l’agguerrito generale tornasse alla posizioni di partenza, l’Italia otterrebbe il maggiore successo diplomatico raggiungibile in questa fase della guerra civile. Giuseppe Conte utilizzerebbe la “pace armata” per trovare un accordo che dia un nuovo assetto alla Libia, preservando gli interessi dell’Italia, concentrati in Tripolitania.
La sconfitta diplomatica dell’Italia si verificherebbe se l’assedio di Tripoli proseguisse e la Turchia inviasse i propri soldati a sparare contro Haftar. In un simile scenario, la Turchia diventerebbe il Paese più influente sul governo di Tripoli e avanzerebbe nel Mediterraneo a spese dell’Italia, che dovrebbe trattare le condizioni della propria permanenza in Tripolitania con Erdogan.

LA TRIPOLITANIA
NEL MIRINO DI ERDOGAN
L’obiettivo massimo della Turchia è diventare il Paese più influente sulla Tripolitania. Erdogan ambisce alla pace per non inviare soldati al fronte, ma non accetterà alcun accordo che faccia arretrare la Turchia in Libia. Erdogan è giunto in Libia e intende rimanervi, anche perché le dinamiche gli sono favorevoli. Il premier di Tripoli, Serraj, aveva chiesto aiuto militare all’Italia e si è rivolto alla Turchia soltanto dopo il rifiuto del governo Conte. L’influenza della Turchia sul governo di Tripoli è un fatto già consolidato. Serraj, qualunque sia l’esito della conferenza di Berlino, sa che dovrà sempre temere un nuovo attacco da parte di Haftar e, per questo motivo, non può rinunziare alla protezione della Turchia. 

ANCHE L’EGITTO
SI MUOVE PER TRIPOLI
L’obiettivo minimo della Turchia è impedire che l’Egitto avanzi in Tripolitania attraverso Haftar. Egitto e Turchia sono Paesi rivali. Erdogan era molto legato al presidente Morsi, rovesciato dal generale al-Sisi nel 2013. Se l’Egitto accrescesse la propria influenza sulla Libia, Erdogan scenderebbe al di sotto dell’obiettivo minimo, dove si trova la sconfitta diplomatica.
L’obiettivo massimo dell’Egitto è la conquista militare di Tripoli e, pertanto, coincide con la sconfitta diplomatica della Turchia. Al-Sisi è, tra i capi di Stato a Berlino, quello che crede maggiormente nella guerra, da lui incoraggiata e finanziata. La strategia di al-Sisi è tipica di quasi tutti i generali: risolvere i problemi con la forza. 
Il suo progetto è di utilizzare Haftar per abbattere il governo di Tripoli. Siccome i rapporti tra Haftar e al-Sisi sono strettissimi, la vittoria di Haftar consentirebbe all’Egitto di stabilire la propria influenza su tutta la Libia. Al-Sisi ha convinto Trump, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a sostenere l’offensiva di Haftar. L’obiettivo minimo dell’Egitto è impedire l’intervento della Turchia nella guerra libica. Al-Sisi parla di pace, pur preferendo la guerra, perché Erdogan è sull’orlo di inviare i soldati a Tripoli.

LA FRANCIA ANTI-ITALIA
PER UNIRE IL MAGHREB
L’obiettivo massimo della Francia è estendere la propria influenza sulla Libia per scalzare l’Italia e creare una catena filo-francese con continuità territoriale: Marocco-Algeria-Tunisia-Libia. La Francia aveva appoggiato la marcia su Tripoli, bloccando addirittura alcune risoluzioni Onu, proposte dall’Italia, per condannare Haftar. Macron confidava nell’abbattimento rapido del governo di Tripoli e nella riconoscenza di Haftar, che la Francia ha sempre sostenuto. È stato proprio un ospedale francese a salvare la vita di Haftar, nell’aprile 2018, vittima di un tumore. L’obiettivo minimo della Francia è impedire la penetrazione della Turchia in Libia. Macron ha iniziato a lavorare alacremente alla pace quando ha capito che la guerra stava creando uno spazio a Erdogan.

LA RUSSIA
PUNTA SU HAFTAR
L’obiettivo massimo della Russia è una Libia controllata da Haftar, dal quale Putin si aspetta il permesso di costruire una base navale davanti alle coste dell’Italia e, quindi, in un bacino della Nato. L’obiettivo minimo di Putin è impedire che Erdogan entri in guerra in Libia. Putin vuole avere buoni rapporti con la Turchia, che riveste importanza strategica per la sicurezza della Russia. Da qualunque lato si guardi la crisi libica, il punto di svolta è rappresentato dall’intervento di Erdogan.

LA RISCHIOSA STRATEGIA
DEL PRESIDENTE
Non è più così scontato che Serraj voglia la pace, visto che sta circolando l’ipotesi di sostituirlo con un’altra figura per favorire un’eventuale pacificazione con Haftar. Se questa è la direzione, a Serraj conviene contrattaccare Haftar con l’aiuto della Turchia. È una strategia razionale, ma rischiosa: l’intervento turco potrebbe accrescere il coinvolgimento di Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Serraj può essere certo del sostegno di Erdogan, non della vittoria finale. 

L’ASSEDIO LUNGO
DEL GENERALE

Quanto ad Haftar, dal momento che non ha forze sufficienti per conquistare Tripoli, il suo obiettivo massimo diventa una tregua che lo lasci alle porte di Tripoli e che trattenga i soldati di Erdogan in Turchia, in attesa che maturino le circostanze favorevoli per un nuovo assalto contro Tripoli, magari definitivo. La sconfitta diplomatica di Haftar alla conferenza di Berlino sarebbe rappresentata dall’arretramento delle sue truppe fino alle posizioni di partenza. Un esito del genere vanificherebbe nove mesi d’assedio e segnerebbe il tramonto del suo astro.


aorsini@luiss.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero