LONDRA Boris il lattaio, Boris il panettiere, Boris alla guida di una ruspa. I mille travestimenti sono serviti ad accompagnare un uomo con un solo messaggio, «fare la...
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Brexit più vicina: cosa cambia per gli italiani, dai passaporti al lavoro
LA FORTUNA
Alla fine di alcune settimane di robotica performance, gli scivoloni ci sono stati, ma a Boris i britannici non chiedono perfezione: gli chiedono fortuna, faccia tosta e un po’ di intrattenimento. E quindi la stizza e l’indifferenza dimostrate davanti all’immagine del bambino sdraiato per terra in una corsia d’ospedale e la fuga in un frigorifero per sfuggire alle domande di un giornalista hanno intaccato Boris ma non l’hanno sconfitto, perché gli elettori hanno scelto il meno peggio e questa volta si sono fatti sedurre da una promessa più che dal personaggio, perché quest’ultimo è uscito un po’ ammaccato dalla prima esperienza a Downing Street. Ma Boris farà la Brexit e gli inglesi vogliono la Brexit.
E poi lo conoscono bene, sono decenni che la sua zazzera bionda incombe sul dibattito politico britannico: da giornalista, da deputato o da sindaco di Londra, Boris Alexander De Pfeffel Johnson, nato bene, anzi benissimo a New York nel 1964, ha sempre usato lo strumento dell’esagerazione per farsi notare, odiare e poi eventualmente perdonare grazie a quella gigioneria che ha fatto cadere tra le sue braccia molte donne.
LA FIDANZATA
L’elegante fidanzata Carrie, giovanissima e capace, autrice della nuova immagine elettorale più sobria, non è apparsa molto e soprattutto non è apparsa ieri mattina al seggio elettorale, dove il premier si è presentato con il cane Dilyn con tanto di fazzoletto al collo, mentre l’immagine femminile più spesso associata a Boris sui giornali è stata quella, più ruspante, della businesswoman americana Jennifer Arcuri, che dalla sua relazione con l’ex sindaco avrebbe tratto fondi per le sue attività e accesso a viaggi e eventi. «Recitavamo Shakespeare come preliminari», ha raccontato Jennifer, e anche questo ha fatto ridere ed è stato in qualche modo perdonato, perché da Boris non ci si aspetta nulla di meno. Pirotecnia, capacità di rimbalzare e soprattutto, in questo caso, piegare le regole della logica continentale per ottenere tutto e subito in questa Brexit eterna e logorante.
Il vecchio socialista Corbyn, con le sue promesse economiche punitive, ha fatto paura alla massa, alla pancia del paese e lui, operaista, si è fatto soffiare il voto ex operaio dal più metropolitano dei leader, di alto lignaggio, con sangue turco e russo nelle vene, figlio di Eton e di Oxford, di quel Bullingdon Club in cui lui, David Cameron e George Osborne distruggevano ristoranti, o almeno così narra la leggenda, con i loro smoking e i loro accenti aristocratici, indelebili anche nel latino parlato correntemente e nella cultura letteraria e soprattutto storica sfoggiata con disinvoltura. E meno male che i britannici si erano stancati delle elites. Consigliato dal mago Dominic Cummings, che dopo aver fatto nascere la Brexit con i suoi slogan brillanti ha portato alla vittoria un leader che è tutto un difetto, imbrigliando il suo unico talento, ossia la retorica, per mettere Boris al servizio dell’ossessione che lui stesso aveva contribuito a creare. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero