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Nel giorno in cui la sua Limbiate ha dato l'ultimo saluto all'ambasciatore Luca Attanasio, la verità sulla sua morte sembra nascondersi dietro una coltre sempre più fitta di affermazioni contraddittorie, di smentite, di rimpalli di responsabilità: una cortina fumogena che avviluppa giorno dopo giorno il destino di Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci che lo accompagnava e del loro autista Mustapha Milambo, uccisi da una banda di sconosciuti in una remota provincia della Repubblica Democratica del Congo. Chi doveva proteggerli? Chi era responsabile della loro sicurezza? Sono alcuni degli interrogativi che attendono una risposta, oltre naturalmente a quelli sull'identità degli attentatori, che si confonde in una miriade di sigle di gruppi armati e di interessi contrapposti che ribollono in un territorio martoriato.
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Il Congo si è chiamato fuori
Sul tema della protezione, tutte le attenzioni finora si sono concentrate soprattutto sul ruolo del Programma alimentare mondiale (Pam), l'agenzia Onu che ha organizzato il loro viaggio nel Nord-Kivu, e che avrebbe drammaticamente sottostimato il livello di rischio della strada Goma-Rutshuru percorsa dal loro convoglio. Il governo di Kinshasa - in teoria il primo responsabile della sicurezza del corpo diplomatico straniero sul proprio territorio - si era invece chiamato subito fuori, sostenendo di non avere mai saputo del viaggio a Goma dell'ambasciatore e quindi di non avere potuto attivare la protezione dei servizi e delle autorità locali.
Affermazioni smentite
Affermazioni che ora sono smentite da un documento dell'ambasciata italiana a Kinshasa.
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Le frasi della moglie di Attanasio
Aspetto su cui ci si attende possano portare chiarezza le tre distinte inchieste in corso nel Paese e condotte dagli inquirenti italiani, da quelli delle Nazioni Unite e delle autorità congolesi. D'altronde lo stesso Pam, pur senza sbilanciarsi nei giudizi, aveva sottolineato che la responsabilità sulla sicurezza in questi casi è «inevitabilmente condivisa». Sullo sfondo restano, inquietanti, le parole della moglie di Attanasio, Zakia Seddiki: «Qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ha parlato, lo ha venduto e lo ha tradito», ha detto nei giorni scorsi in un'intervista a Il Messaggero. Oggi la vedova dell'ambasciatore è rimasta a lungo in piedi all'uscita del cimitero di Limbiate, il paesino dove era cresciuto e dove ora è stato sepolto il marito. Ha ricevuto le condoglianze di tanti amici e tanti cittadini, commossi da una vita «troppo breve», come l'ha definita al funerale l'arcivescovo di Milano Mario Delpini. Attanasio per il momento riposa sotto una semplice targa con il nome, il cognome e la foto. Lui in attesa di una lapide, gli altri di una risposta a tante domande che restano aperte.
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