Emergenza migranti/ Così la rotta tunisina aggira il blocco dei porti

Emergenza migranti/ Così la rotta tunisina aggira il blocco dei porti
ROMA Sono arrivati fino in Italia con i loro mezzi. Erano in 66, intercettati al largo di Pantelleria e sbarcati a Trapani poco dopo mezzanotte di ieri, dopo essere stati soccorsi...

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ROMA Sono arrivati fino in Italia con i loro mezzi. Erano in 66, intercettati al largo di Pantelleria e sbarcati a Trapani poco dopo mezzanotte di ieri, dopo essere stati soccorsi da due motovedette della Guardia costiera e della guardia di finanza. La rotta tunisina è ancora aperta, anche se i 57 adulti che erano a bordo saranno tutti rimpatriati «già la prossima settimana», assicura il Viminale. Un destino diverso rispetto ai 40 della Sarost 5, che non hanno avuto il via libera all’attracco né dall’Italia, né da Malta, né dalla Francia e da domenica scorsa attendono in mare. Perché i migranti arrivati nella notte tra giovedì e venerdì in Sicilia erano già in acque italiane, grazie alle imbarcazioni veloci sulle quali spesso vengono percorse le poche miglia di distanza tra le coste tunisine e quelle siciliane: impossibile chiudere i porti, anche per Matteo Salvini. 


LA ROTTA
Il fronte si era aperto quasi un anno fa. Quando gli accordi tra il Viminale e la Libia hanno rallentato le partenze da Tripoli. E così per i disperati in partenza si è aperta un’altra strada, con imbarcazioni che mollano gli ormeggi da Monastir, El Haouaria, Zarzis, Biserta, Kerkenna e Sfax. Una questione tutt’altro che risolta, anche se gli accordi con il governo di Tunisi prevedono 80 rimpatri a settimana dall’Italia. La “nuova” rotta è un problema per il Viminale, tanto che l’esordio del ministro Matteo Salvini, nel suo nuovo ruolo, era stato quasi un incidente diplomatico con il governo nord africano. Soprattutto perché l’intelligence, che ha visto crescere i profughi di nazionalità tunisina negli ultimi mesi, a salire sui quei barconi veloci sarebbero soggetti a rischio criminalità e terrorismo. Anche a fronte degli indulti dello scorso anno. «Ci mandate i galeotti», aveva tuonato il leader del Carroccio, provocando una dura reazione del governo. 

Ai 66 arrivati ieri notte non sono stati chiusi i porti. Non sarebbe stato possibile, visto che Guardia costiera e Guardia di Finanza li hanno soccorsi già in Italia, a Pantelleria. I migranti sono stati tutti trasferiti all’hotspot di Milo: 57 adulti e nove ragazzi tra i 16 e i 17 anni. La procedura di rimpatrio, consentito dall’accordo bilaterale con la Tunisia, dovrebbe essere avviata già lunedì. O, comunque, entro sette giorni, dovrebbe essere consegnato ai migranti un decreto di espulsione. 

L’ALTRA NAVE
Resta ancora in attesa, invece, la “Sarost 5”, la nave di una compagnia del gas britannica, con 40 migranti a bordo, che da giorni aspetta l’autorizzazione per attraccare al porto di Zarzis, dopo il rifiuto delle autorità di Malta, Francia e Italia. L’imbarcazione appartiene alla società che gestisce la piattaforma di estrazione Miskar, nel golfo di Gabès lungo le coste tunisine, ed è controllata dal gruppo petrolifero britannico BG Group. Come aveva fatto la Vos Thalassa due settimane fa, domenica scorsa, la “sarost 5” aveva soccorso il peschereccio in panne partito dalla Libia. Da cinque giorni i migranti non bevevano e non mangiavano. Adesso, a bordo, la situazione è molto pesante, anche tra i quattordici componenti dell’equipaggio. I profughi provengono da Egitto, Mali, Nigeria, Bangladesh, Camerun, Senegal, Guinea, Costa d’Avorio, Sierra Leone. Tra loro due donne in gravidanza, una di lotro ha bisogno di assistenza, e un uomo ferito. 


Inizialmente la Tunisia aveva dato alla nave il permesso di attraccare a Sfax ma poi ha ritirato l’autorizzazione, rifiutandosi di accogliere i migranti. A quel punto la “Sarost 5” ha contattato Malta e Italia, da cui ha ricevuto la stessa risposta, e per questo ha provato comunque ad avvicinarsi al porto di Zarzis, nel sud della Tunisia: è arrivata vicino al porto alle 2, nella notte tra il 15 e il 16 luglio, ma di nuovo non ha ottenuto il permesso di attraccare. Da allora la è rimasta a qualche miglia nautica da Zarzis. All’inizio gli stessi migranti avrebbero chiesto di non essere sbarcati in Tunisia, poi avrebbero cambiato idea, e sarebbero ora disposti a scendere dalla nave in un porto tunisino. Ma Tunisi non vuole creare un precedente e diventare il “porto sicuro” per i migranti rifiutati dall’Europa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero