Napoli, morto Maurizio Nazzaro: da Sanremo a cantaNapoli, aveva 60 anni

Napoli, morto Maurizio Nazzaro: da Sanremo a cantaNapoli, aveva 60 anni
È morto ieri l'altroieri all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto Maurizio Nazzaro, cantautore napoletano trapiantato a Martina Franca, dove ieri è...

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È morto ieri l'altroieri all'ospedale Santissima Annunziata di Taranto Maurizio Nazzaro, cantautore napoletano trapiantato a Martina Franca, dove ieri è stato sepolto. Aveva 60 anni, era stato colpito da tumore al cervello con cui combatteva da anni. I medici lo avevano sottoposto a tampone ed era risultato negativo al coronavirus.


Figlio d'arte (papà Erminio attore fantasista, mamma Imma, soubrette d'avanspettacolo) e fratello d'arte (il fratello Gianni star della canzone anni 70, cantante anche la sorella Annamaria), visto al Festival di Sanremo nel 1990 tra i giovani come Maurizio Delle Rose e il brano «Per curiosità», chitarrista, oltre che cantante pop e bandleader (con i Partenopia rilesse i classici napoletani), Maurizio Nazzaro avrebbe meritato più di quanto ha raccolto. Il nome d'arte aveva mostrato il tentativo di affrancarsi dall'ombra del fratello più famoso, Gianni, che poi aveva anche cantato brani da lui scritti, come «Dimmi comme va», proposta a «Millevoci», programma in onda su oltre 200 emittenti locali e satellitari di cui fu conduttore nel 2013 e nel 2014 e di cui lo stesso Maurizio è stato ospite nel 2017.


Trovata in Carmela Marangi la donna della sua vita e in Martina Franca il suo buen retiro, aveva cercato di rientrare nel giro musicale. Da cantautore: nel 2013, con «Per questa musica», singolo digitale del suo ritorno, tra suoni irlandesi e un testo (e una linea vocale) di influenza fossatiana. Da interprete di canzoni napoletane classiche, accompagnato da orchestra o da una band pop, ma con strumenti etnici quali la ciaramella, il charango e la cornamusa: arrangiava classici come «Era de maggio», ritirava fuori le sue abilità da chitarrista classico e rispolverava un repertorio di cui era orgoglioso: «Mi sono reso conto che c'è bisogno di ricordare da dove veniamo, e dalla canzone napoletana classica viene la canzone italiana», ricordava durante il tour di «Saluti e baci» in cui metteva in fila «il periodo d'oro della melodia partenopea con il Novecento, trovando spazio anche per qualche umile proposta autorale del sottoscritto, che strizza l'occhio ai suoi predecessori: dai grandi, soprattutto nell'arte, è sempre lecito imparare».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero