Un soldato irregolare dell'Isis, un lupo solitario con un'addestramento paramilitare pronto a «sgozzare» miscredenti ma anche un elemento centrale nella...
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Le intercettazioni: «Sono pronto a fare la guerra»
Non era un personaggio qualunque Issam Shalabi, l'egiziano 22enne arrestato in piena notte in un appartamento a Milano con un blitz del Nocs, il Nucleo speciale antiterrorismo della Polizia. Per mesi gli investigatori lo hanno seguito 24 ore al giorno, ne hanno monitorato praticamente in diretta ogni messaggio su chat e social, hanno ascoltato ogni conversazione: «temevamo - ammette il capo dell'Antiterrorismo Lamberto Giannini - che potesse colpire da un momento all'altro».
Probabilmente, è la convinzione di chi ne ha seguito ogni mossa, con un attentato non in Italia ma in Francia. Che non ci sia riuscito è dunque merito di chi lo ha fermato in tempo. A partire dagli 007 che a dicembre del 2017 hanno segnalato la presenza, tra i militanti islamici frequentatori di un gruppo Whatsapp, di un soggetto che aveva un'utenza italiana. Gli accertamenti hanno portato subito a Shalabi, arrivato in Italia 7 anni fa per ricongiungimento familiare. Il ragazzo era il leader di un gruppo di tre giovanissimi profondamente radicalizzati che vivevano a Colonnella, in provincia di Teramo. Lì Shalabi, quando non era impegnato ad ascoltare i sermoni contro l'occidente e a veicolare il verbo degli imam radicali, lavorava per una ditta che aveva l'appalto per le pulizie di McDonald's. Dall'Abruzzo si è poi spostato a Cuneo e infine a Milano dove aveva trovato lavoro in nero presso una ditta che eseguiva manutenzione stradale.
Ma il suo impiego era tutt'altro ed è lui stesso nelle conversazioni intercettate a definirsi un lupo solitario. «Ognuno di noi si muove per conto proprio, ognuno percorre la via più conveniente» per il martirio. Nel capoluogo lombardo Shalabi seguiva le regole della clandestinità, farsi notare poco e muoversi molto: solo negli ultimi due mesi ha cambiato 4 abitazioni e stanotte lo hanno arrestato in una casa con altri stranieri che erano completamente all'oscuro di chi avessero accanto. «Dopo la sconfitta militare dell'Isis in Iraq e Siria ci si chiede dove sia il fronte dello Stato Islamico. Questa indagine dimostra che il fronte è anche dentro casa nostra» sintetizza il capo del servizio esterno dell'Antiterrorismo Claudio Galzerano per sottolineare lo spessore di Shalabi. E che fosse organico a Daesh, gli investigatori della Polizia Postale non hanno dubbi, dopo aver ascoltato 1.700 file audio - decine dei quali con il logo di 'Dabiq', la rivista ufficiale del Califfato - e analizzato 110mila screenshot delle chat di Telegram.
Lì dentro c'era il bando di reclutamento per i soldati del jihad e una sorta di 'mattinalè dell'Is, con tanto di risultati conseguiti la settimana prima in termini di morti e feriti.
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Il Messaggero