ArcelorMittal deposita in tribunale l'atto di recesso dal contratto di affitto dell'Ilva di Taranto. È la mossa formale, preannunciata dieci giorni fa, con cui...
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Ex Ilva, sindacati: incendio al reparto due, fiamme altissime all'ArcelorMittal
E Giuseppe Conte, mentre già studia un «piano B», prepara l'ultima trattativa con Mittal, in vista di un tavolo che però non è ancora convocato. A complicare le cose ci si mettono i parlamentari pugliesi del M5s, che fanno muro contro l'ipotesi di un nuovo «scudo» penale. «Se fai un disastro ambientale paghi», dice anche Luigi Di Maio. E si alza la tensione con il premier e gli alleati: «senza una voce unica» si rischia di sbattere, torna ad avvertire il Pd. Le voci nella maggioranza si rincorrono: circola anche notizia - Palazzo Chigi smentisce - di una nuova visita di Conte a Taranto, nella giornata di mercoledì. Risposte per ora non ce ne sono. Il premier, dopo aver invitato i ministri a portare in Cdm giovedì proposte per il rilancio della città pugliese, tace e disdice, «per impegni istituzionali», un'intervista tv fissata da giorni.
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L'incontro con Mittal, spiegano da Palazzo Chigi, dovrebbe esserci in settimana, ma ad ora non è fissato. La proprietà parla solo con l'atto legale di recesso, presentato in tribunale a Milano. Se non risulterà possibile una mediazione, resta solo la via legale. Ma Conte, spiegano dal governo, studia anche ogni possibile soluzione alternativa, da nuovi partner industriali (torna il nome di Jindal) a un ingresso di imprese statali come Fincantieri. L'obiettivo, spiegano i suoi, è fare «il tutto per tutto» per evitare la chiusura delle acciaierie. È questo che Conte spiega di primo mattino ai parlamentari tarantini del M5s convocati a Palazzo Chigi, con i ministri Di Maio, Stefano Patuanelli e Federico D'Incà.
«C'è una questione tempo: tutti pensano al contenzioso con Mittal sia lungo ma il ricorso d'urgenza che presenteremo in pochi giorni ci dirà se Arcelor può arrogarsi la decisione di andarsene così. In pochi giorni ci sarà la prima risposta, poi ci sarà un lungo contenzioso ma intanto l'obiettivo è fare in modo che Arcelor si sieda al tavolo e ritiri la procedura». Lo dice Luigi Di Maio parlando dell'ex Ilva all'uscita dalla Camera.
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C'è anche Barbara Lezzi, che tarantina non è, ma guida il drappello barricadero dei pugliesi che hanno bloccato lo scudo per Mittal e ora non ne vogliono più sentire parlare.
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A esprimere il livello di preoccupazione che serpeggia anche nella maggioranza, sono i sindacati che, pur avendo opinioni diverse, scrivono insieme a Mittal per chiedere di proseguire il confronto. Il governo è pronto a finanziare la cassa integrazione, dare sostegno sulla bonifica e sconti sugli impianti, anche aprire a un ingresso parziale di Cdp. Ma per ora l'azienda tace. Parla la cronaca: una caldaia si buca a Taranto e Mittal ferma la produzione anche a Cracovia. Tutti campanelli d'allarme. L'incertezza è alta, i timori crescono. Lo Stato ci metta i soldi, chiede Silvio Berlusconi. «Serve una soluzione di mercato», ribadisce il ministro Roberto Gualtieri, bocciando una nazionalizzazione cui si dice contraria anche Confindustria. È sbagliato parlarne ora: bisogna costringere Mittal «a rispettare gli impegni», sostiene Di Maio. Ma in extrema ratio, se tutto andasse male, l'intervento pubblico resta una ipotesi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero