Cucchi, il giudice del processo sui depistaggi si astiene: sono ex carabiniere

Un ex carabiniere chiamato a giudicare otto militari del'Arma imputati al processo sui depistaggi nella vicenda Cucchi. La prima udienza al procedimento sui presunti falsi...

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Un ex carabiniere chiamato a giudicare otto militari del'Arma imputati al processo sui depistaggi nella vicenda Cucchi. La prima udienza al procedimento sui presunti falsi riguardanti il caso del giovane detenuto morto nel 2009 all'ospedale Pertini di Roma, si apre con l'astensione del giudice, Federico Bona Galvagno. Quest'ultimo, al quale era stato affidato il fascicolo processuale, ha deciso di rimettere la sua nomina in quanto ex carabiniere in congedo. Una scelta che arriva qualche settimana dopo l'iniziativa dei familiari di Cucchi, i quali avevano chiesto al giudice monocratico di astenersi dopo aver appreso che Bona Galvagno aveva organizzato convegni a cui avevano partecipato alti ufficiali dell'Arma.


E il prossimo appuntamento in aula, il 14 novembre, riguarderà la fine di altri due procedimenti e sarà il momento della verità per stabilire le cause e i colpevoli della morte di Cucchi. Un unico giorno nel quale si definiranno due diversi percorsi giudiziari: oltre ad essere la data nella quale sarà definito in primo grado il processo a cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale per il presunto pestaggio avvenuto in caserma, sarà anche il giorno in cui sarà definita per la terza volta in appello la posizione di cinque medici per i quali è ancora 'in vità l'imputazione di omicidio colposo dopo due rinvii da parte della Corte di Cassazione.



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Qualsiasi saranno i verdetti, si è dunque avviato un nuovo processo, quello sui depistaggi, il cui prossimo appuntamento in aula è previsto il 16 dicembre e vede imputati otto carabinieri, tra cui alti ufficiali come il generale Casarsa e il colonnnello Sabatino. A Federico Bona Galvagno subentrerà il giudice Giulia Cavallone: si tratta della figlia del sostituto procuratore generale della Corte di Appello di Roma, Roberto Cavallone, ex pm capitolino. Soddisfatto Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, che ha ringraziato Bona Galvagno: «Questo dimostra che la nostra istanza era giusta», spiega Anselmo in merito all'astensione. Un precedente simile, due anni fa, riguardò proprio l'inizio della prima udienza del procedimento ai cinque carabinieri sul presunto pestaggio a Stefano. In quel caso la sorte aveva voluto che il processo fosse affidato alla III Corte d'Assise, la stessa che per gli stessi fatti giudicò sei medici, tre infermieri e tre agenti della Penitenziaria; e che il dibattimento fosse affidato alla guida di Evelina Canale, presidente di quello che fu il primo collegio giudicante. Fu poi la stessa Canale ad astenersi, rimettendo il procedimento nelle mani del presidente del Tribunale di Roma per la nomina di un nuovo collegio giudicante.

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Nonostante la falsa partenza al processo sui depistaggi, è certo che tra le parti civili ci saranno la presidenza del Consiglio dei ministri e l'Arma mentre anche il ministero della Giustizia ha presentato la stessa istanza. Lunga la lista testi presentata dai legali di entrambe le parti, dove spiccano nomi eccellenti. Tra questi, quelli di due ex ministri della Difesa, Trenta e La Russa, del comandante generale dell'Arma, Giovanni Nistri, e del primo pm che si occupò del fascicolo Cucchi, il sostituto procuratore Vincenzo Barba. Ma i riflettori sono ora puntati sulle sentenze di giovedì 14 novembre, in particolare quella che vede imputati i carabinieri per le presunte violenze. Nell'ultima udienza i difensori di D'Alessandro e Di Bernardo hanno chiesto l'assoluzione per i loro assistiti, accusati del pestaggio dal collega e imputato con loro per omicidio preterintenzionale, Francesco Tedesco. Per quest'ultimo il pm ha invece chiesto l'assoluzione (riguardo solo all'accusa di omicidio preterintenzionale). «Quello che Tedesco dice non è oggettivo e quello che non è oggettivo non può entrare in un processo - ha detto in aula Antonella De Benedictis, difensore di Alessio Di Bernardo -. Si sta facendo una caccia alle streghe perché bisogna necessariamente dare un colpevole». Per Maria Lampitella, difensore di Raffaele D'Alessandro, che ha proposto una nuova perizia medico-legale sulla cause della morte di Stefano, «questi sono stati lunghi anni di un'elefantiasi investigativa spaventosa». 

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Il Messaggero