«Mi piacerebbe scrivere un libro su quello che mi è successo per colpa del coronavirus», racconta Niccolò mentre prepara le valigie. Questa mattina...
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Coronavirus, Niccolò dimesso: «Felice di riabbracciare i miei genitori»
Coronavirus, a Roma guariti in un mese i primi contagiati d'Italia: «Merito dello Spallanzani»
LA FORZA
Niccolò, 17 anni, studente di un liceo di Udine, era andato in Cina per un anno scolastico all’estero con un progetto di Intercultura. Ha avuto la sfortuna di ritrovarsi all’interno della zona rossa quando le autorità cinesi, per limitare l’epidemia del coronavirus, hanno deciso misure senza precedenti, come la chiusura di Wuhan, metropoli con 11 milioni di abitanti, e di tutta la provincia di Hubei.
Niccolò non si è perso d’animo, ha mantenuto i nervi saldi, ma quando la Farnesina ha inviato un Boeing 767 dell’Aeronautica per riportare a casa 57 italiani prigionieri nell’area di Wuhan, ha probabilmente dovuto sopportare una delle delusioni più cocenti della sua vita: aveva 37,4 di febbre, le autorità cinesi non l’hanno lasciato salire sull’aereo. Assistito dall’ambasciata italiana, è rimasto in un alloggio a Wuhan, non si è mai perso d’animo, anche perché il test sul coronavirus ha confermato che era negativo.
Aveva una semplice influenza. Però la sfortuna è continuata: anche in una seconda occasione, non è potuto partire, la febbre non si era ancora abbassata. Apprensione dei genitori, che però non hanno mai perso fiducia nella autorità italiane; ansia per il ragazzo, che però ha sempre mantenuto la calma. Al terzo tentativo l’aereo inviato dalla Farnesina ha riportato a Pratica di Mare il ragazzo che poi è stato portato subito allo Spallanzani: non è stato contagiato dal coronavirus, ma aveva ancora un po’ di febbre per cui è stato deciso di fargli trascorrere la quarantena nel reparto di isolamento dove, in pochi giorni, è stato adottato dal personale dello Spallanzani.
Lui, tra tablet e smartphone ha continuato a studiare, mentre su Instagram traspare ancora il suo innamoramento per la Cina, con le foto della gita alla Grande Muraglia e quella con ragazzi di varie nazioni del mondo che come lui hanno partecipato al progetto di Intercultura. Raccontano i genitori di Niccolò, sorridenti perché finalmente possono riportare a casa il figlio: «Allo Spallanzani a nostro figlio non gli hanno fatto mancare nulla. E’ diventato il figlio di tutti e qui ha trovato un’assistenza di grande livello». Mentre ringraziano il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia, il direttore generale Marta Branca e l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, spiegano come, dopo le preoccupazioni iniziali, abbiano visto crescere la fiducia nel lieto fine.
RITORNO
«Appena rientreremo a casa, tornerà a una vita normale, ha la scuola che lo aspetta. Certo, un po’ di timore c’è stato, poi lui stesso ci ha rassicurati, da Wuhan, che sarebbe andato tutto bene». L’esito del test che aveva confermato la negatività ha rappresentato, ovviamente, un punto di svolta. «A Grado faremo una festa con i suoi amici, ma dobbiamo dire la verità: non l’abbiamo mai visto stare così bene come adesso. Gli dispiace essere stato costretto a lasciare la Cina, ma quando sarà possibile vuole tornare. Siamo stati in contatto con tutti quelli impegnati per farlo tornare. Siamo stati sempre informati sulle sue condizioni in Cina e qui in Italia». Si tratta dell’ennesima buona notizia allo Spallanzani, dopo che nei giorni scorsi era stato dimesso il ricercatore di Reggio Emilia (positivo, ma guarito). Stanno bene anche i due turisti di Wuhan. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero