Roma segreta, quella chiesetta e la sua scimmia

Roma segreta, quella chiesetta e la sua scimmia
Tra il Collegio Romano e le vie del Seminario e del Gesù, c'era l'Iseo Campense: un vasto santuario di Iside, di 220 per 70 metri, da dove proviene, ad esempio, una...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA

- oppure -

Sottoscrivi l'abbonamento pagando con Google

OFFERTA SPECIALE

Leggi l'articolo e tutto il sito ilmessaggero.it

1 Anno a 9,99€ 89,99€

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Rinnovo automatico. Disattiva quando vuoi.

L'abbonamento include:

  • Accesso illimitato agli articoli su sito e app
  • La newsletter del Buongiorno delle 7:30
  • La newsletter Ore18 per gli aggiornamenti della giornata
  • I podcast delle nostre firme
  • Approfondimenti e aggiornamenti live
Tra il Collegio Romano e le vie del Seminario e del Gesù, c'era l'Iseo Campense: un vasto santuario di Iside, di 220 per 70 metri, da dove proviene, ad esempio, una delle sei statue parlanti in città, su cui venivano appesi i motti ironici del popolo, la cosiddetta di Madama Lucrezia, ora all'angolo tra piazza Venezia e la basilica di San Marco, che in realtà raffigura Iside Sothis, nome nato dalla fusione di due dee, l'altra è Sirio. Nella zona del tempio resta ancora il grande piede di marmo di un'enorme statua remota, che dà il nome all'omonima viuzza. Nel Medioevo, vi si ritrova anche una piccola scultura del dio egizio Thot: quello della luna, della sapienza, della scrittura e della magia. Era nelle sembianze di un babuino; e così, per i romani diventa subito un macaco.

Da lì il nome, che oggi, a pronunciarlo provoca in tanti qualche fastidio e suscita dei risolini ironici, di una chiesetta del IX secolo, ampliata nel 1160, e poi ampiamente derubata, Santo Stefano del Cacco. Prima, si chiamava «della pigna», in omaggio a quella grande di età romana ritrovata in zona, che dà il nome al rione; ed è legata anche a un'antica vicenda e ad una leggenda.

SPOGLIAZIONE
La facciata è semplice e quasi banale: il portale, e sopra un finestrone; due paraste, e un timpano in cima. L'interno è decorato e rifatto nel 1865: il pavimento, con marmi recuperati dalla basilica di San Paolo fuori le Mura, dopo l'incendio del 1823. Ai lati del portale, c'erano un tempo due leoni in basalto dell'antico Tempio: prelevati però da Michelangelo, che li vuole alla base della Cordonata, la scalinata del Campidoglio. Il campanile romanico, da fuori non si vede più: è inglobato nell'annesso convento. Era a quattro piani, e se ne leggono gli ultimi tre: le trifore, per la maggior parte tamponate. Nella chiesa a tre navate, resta un bel Cristo in pietà di Perin del Vaga.
L'entrata del tempio egizio era a via del Seminario; la Forma Urbis severiana ne indica una serie di obelischi, allineati. Ora sono nelle piazze della Rotonda e della Minerva; a Villa Celimontana; in viale delle Terme di Diocleziano; una nel Giardino di Boboli, a Firenze; un'altra a Urbino, davanti a Palazzo Ducale. Il piede di marmo è finito dove oggi è; ma la sua originale collocazione era un'altra: spostato nel 1878, per far passare, fino al Pantheon, il corteo funebre con la salma di Vittorio Emanuele II. A piazza del Collegio Romano resta un pilastro del tempio egizio, eretto nel 43 a.C., ma distrutto da Tiberio, che forse ne fa perfino buttare i simulacri nel Tevere. Poi, è ricostruito da Caligola, e di nuovo da Domiziano e Alessandro Severo, dopo l'incendio di Roma.

NOZZE MANCATE

A Santo Stefano del Cacco, chiesa nata dalla corruzione del nome di una scimmia, si è svolta, nel Seicento, una storia curiosa. Orsola Castellano, figlia di un ricco libraio, era stata offerta in sposa a un nobile, che però lei non voleva: era innamorata di un altro. Per cui, arrivato il momento di mantenere la promessa di matrimonio, lei pensa bene di trascorrere la notte della vigilia con il suo amato: non sarebbe più stata illibata, e le nozze sarebbero andate a monte. Ma il 26 gennaio 1634, il fattaccio è scoperto. Segue un tafferuglio; e nella stanza dei due poveri quasi-amanti, il parapiglia spegne il lume; la ragazza resta vittima di un colpo d'alabarda. Il suo funerale si celebra appunto nella chiesa, e nel giorno, deputati al matrimonio. Orsola finisce nell'ossario della chiesetta; però, non trova ancora la pace eterna: è infatti disseppellita ben due volte, dopo le questioni tra le famiglie sorte dai mancati sponsali, «per certificarsi se era stata toccata». Risulta che «per commune parere di persone, era ancora zitella». Qualcuno vorrebbe che il suo fantasma, con la veste bianca macchiata di sangue, aleggi nella zona. Ma è una soltanto tra le mille leggende di cui la Città Eterna è da sempre più che ridondante.
  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero