La bussola da seguire - di Massimo Martinelli

Un faro per i romani
Lo incontro tutte le sere, poco prima della mezzanotte, uscendo dal giornale. Sui settant’anni, pochi capelli, occhiali spessi sulla fronte. Si appoggia alla vetrina alta...

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Lo incontro tutte le sere, poco prima della mezzanotte, uscendo dal giornale. Sui settant’anni, pochi capelli, occhiali spessi sulla fronte. Si appoggia alla vetrina alta della redazione in via del Tritone, in equilibrio sulle punte, costretto dalla miopia ad avvicinare il viso per leggere il giornale esposto dalla mattina. Estate e inverno. La moglie accanto, che qualche volta legge a voce alta le notizie dove lui non arriva, nella parte superiore della pagina. Una sera il freddo era più intenso, il vento sembrava portarlo via. Mi sono avvicinato: «Scusi, in portineria c’è già il giornale di domani: vuole dargli un’occhiata nell’androne?». Mi ha guardato un po’ seccato, lo avevo interrotto: «Non si preoccupi, quello lo leggo domani». 


Non conosco il nome di quel signore ma mi domando spesso, quando scrivo un pezzo o penso a un titolo: «Lui uscirebbe a mezzanotte con la sua cravatta male annodata per venire a leggerlo? E interesserebbe a tutti i romani che invece il giornale lo comprano in edicola o lo sfogliano sui loro device?».

In realtà è una domanda che mi accompagna da 34 anni, tanti ne sono passati dal giorno in cui vidi un mio pezzo in prima pagina sul Messaggero. Non me ne sono mai allontanato, vivendo in via del Tritone una trasformazione epocale del modo di fare giornalismo: il passaggio dai pezzi scritti sulla Lettera 22 alla videoscrittura, fino all’avvento di internet, prima installato su pochi computer in archivio e poi a disposizione dell’intera redazione, per diventare infine strumento insostituibile di diffusione di notizie in tempo reale.

Una cosa però non è mai cambiata: l’importanza della notizia da offrire al lettore, la primizia che non conosce, che lo attrae, che allarga i suoi orizzonti, che lo aiuta a esercitare al meglio i suoi diritti e a tutelare i suoi interessi. 

Accompagnato da queste riflessioni oggi assumo la guida di un giornale che rappresenta la mia famiglia allargata. Raccolgo un’eredità pesante, dopo otto anni in cui Virman Cusenza ha governato il giornale con decisione, connotandone fortemente il carattere laico, indipendente, estraneo ai centri di potere di qualsiasi genere. Intendo restare in questo solco. Ma credo anche che il Messaggero debba confermare – accentuandola – la sua vocazione territoriale per difendere la centralità di Roma, promuoverne le eccellenze, tutelarne le prerogative.

Roma è tante città insieme, talvolta diverse tra loro. Eppure l’immobilismo degli amministratori pubblici e una letteratura ad effetto ispirata da inchieste giudiziarie che si sono rivelate modeste, hanno contribuito a disegnare un unico ritratto che non rispecchia il carattere e le qualità dei romani. Ma territorialità significa interpretare anche le aspettative dei lettori dei nostri bacini di diffusione: l’Abruzzo e l’Umbria, oltre al Lazio. Sono realtà locali importanti, che racconteremo grazie alla rete di redazioni distaccate che coprono il territorio, dal Tirreno all’Adriatico. Tenendo sempre un occhio puntato sulle cronache nazionali, sulla politica, sull’economia.

Come un faro che illumina gli angoli dimenticati, saremo critici con tutto quello che non funziona, stimoleremo gli amministratori pubblici affinché svolgano al meglio l’incarico che è stato loro affidato, denunceremo malaffare e inefficienze. Ma non consentiremo strumentalizzazioni sull’immagine della Capitale. 

Lavoreremo al servizio delle nostre lettrici e dei nostri lettori, consapevoli che la molteplicità delle piattaforme a disposizione, dal giornale di carta alla copia digitale, dal sito internet alla versione mobile, rappresenta una occasione irripetibile per diversificare la nostra offerta e modularla sulle caratteristiche di ognuno di loro. 


Questa è la nostra bussola. Cercherò di seguirla senza distrazioni, con sobrietà, consapevole che l’editore di questo giornale, Francesco Gaetano Caltagirone, ha voluto darmi la possibilità di raggiungere quello che – per citare un amico – rappresenta un traguardo che è il grande sogno di chi fa questo mestiere nella Capitale e non solo.
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Il Messaggero