Damiano, il Mick Jagger di Monteverde dà la scossa alla musica italiana

Damiano, il Mick Jagger di Monteverde dà la scossa alla musica italiana
Si Chiama Damiano, ha 18 anni, gli occhi bistrati, una voce potente che spazia dal soul al reggae, buona per l'hard rock come per le ballad, e un carisma che buca lo schermo....

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Si Chiama Damiano, ha 18 anni, gli occhi bistrati, una voce potente che spazia dal soul al reggae, buona per l'hard rock come per le ballad, e un carisma che buca lo schermo. Il frontman dei Maneskin, la band che sta spopolando a “X Factor”, il talent di Sky, porta un soffio di novità e trasgressione nella musica italiana. I 4 ragazzi dei Maneskin (Victoria, Ethan, Thomas oltre a Damiano) sono romani di Monteverde, maneggiano chitarre e batteria con la sicurezza dei rockettari consumati e, ad accezione del cantante, non sono ancora maggiorenni.

Sorprendono per la loro freschezza, per la capacità di osare, per la sincerità felicemente oltraggiosa della loro musica.
Damiano, sguardo torvo, corpo magrissimo ed elastico, è un piccolo Mick Jagger. Bello e dannato. Un autentico animale da palcoscenico, già diventato una stella dei social, un sex symbol, un’icona di stile per le sue tenute stravaganti (redingote rossa fino ai piedi, fouseaux d’argento, camicie da flamenco) comprate ai mercatini dell’usato.
Fa tendenza per l’abbigliamento da nuovo dandy, per il trucco esagerato, per le sue esibizioni "scandalose": nell’ultima trasmissione si è esibito in una pole dance sfrenata in tacchi a spillo scatenando il delirio della platea.
Insomma, ha “spaccato”.
Comunque vada, anche se i Maneskin non arriveranno a vincere questa edizione di “X Factor” (ma lo meriterebbero ampiamente), Damiano e i suoi rappresentano la vera novità nella musica italiana.
E ci costringono a domandarci: possibile che ancora esista una gara vecchia, prevedibile, sonnolenta come Sanremo?
La musica italiana ha bisogno di una scossa e ce lo ricorda il Mick Jagger di Monteverde mentre la Riviera si prepara a ospitare la solita sfilata di vecchie glorie e nuovi talenti che, ostaggio del conformismo discografico, spesso di nuovo hanno molto poco. Che tristezza. Che delusione. Che noia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero