Il cardinale Erdo (potenziale papabile) radiografato dal Magazine del pre-conclave: «Cristo deve tornare al centro»

Il cardinale Erdo (potenziale papabile) radiografato dal Magazine del pre-conclave: «Cristo deve tornare al centro»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 6 Maggio 2024, 20:28

Visto che i 127 cardinali elettori che fanno parte del Collegio cardinalizio non si conoscono tutti perfettamente, da qualche tempo in qua si sta facendo strada nella Chiesa una rivista specializzata francese chiamata Cardinalis-Magazine che pubblica approfondite radiografie dei potenziali papabili per facilitare la loro conoscenza.

Fermo restando che vale sempre quell'antico detto che "chi entra Papa esce cardinale" a sottolineare l'imprevedibilità degli eventi all'interno della Sistina basati su accordi spesso definiti in quei momenti pieni di tensioni, aspettative, programmi e progetti per la Chiesa. L'ultimo porporato ad essere stato analizzato a fondo è il quotatissimo ungherese Peter Erdo, 71 anni. In passato ha partecipato al conclave che ha eletto Papa Benedetto XVI e a quello di Papa Francesco.

Spesso nei conciliaboli informali di lui si sente parlare spesso: arcivescovo di Budapest, distintosi a livello internazionale quando è stato relatore ai sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015, si è ritagliato spazio come una figura dialogante ma nello stesso tempo ferma sui fondamentali. E' considerato di mentalità aperta, assai colto, poliglotta, ed europeista convinto. Una figura chiave della Chiesa in Europa e un possibile candidato alla successione quando sarà il momento.

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Il primo argomento che Erdo ha affrontato in un dialogo ampio e a 360 gradi è il fenomeno della scristianizzazione che da decenni mina la presenza della Chiesa in occidente in modo drammatico.

Erdo come antidoto vedrebbe bene un rafforzamento dei movimenti e della centralità della fede.

«Se questo fosse un periodo di crisi, tante tendenze scomparirebbero rapidamente, ma sembra che stiamo affrontando una crisi a lungo termine. La crisi è sempre sinonimo di pericolo, ma anche di opportunità. Ma è importante che la nostra identità cristiana cattolica rimanga radicata nelle cose più essenziali, vale a dire il fatto che Cristo è risorto, che crediamo in Dio, nella Trinità e nella vita eterna. Poi ci sono gli elementi secondari della tradizione, che non rappresentano più la Sacra Tradizione, ma solo un'usanza, una tradizione forse da rispettare, ma non da osservare a costo della nostra vita. Questi elementi secondari possono arricchire la religiosità, ma bisogna saperli distinguere. E i criteri, grazie a Dio, sono qui. Perché la Santa Scrittura e i documenti autentici del Magistero o della Santa Tradizione sono presenti anche, in forma aggiornata, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che è un documento provvidenziale» spiega.

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Sul rischio di uno scisma in Germania causato dalle spinte ultra progressiste di una ampia fetta di episcopato Erdo si mostra cauto. «Come molti altri, vedo - anche durante gli ultimi sinodi - che una sorta di "alternativa" sta emergendo nella Chiesa. Alcuni pensano che il cristianesimo sia quasi una religione naturale, che sulla base della buona volontà e dell'apertura intellettuale, può seguire i bisogni delle persone nella società di oggi e cercare soluzioni che sembrano ragionevoli, e se hanno un legame con la Bibbia, è ancora meglio. Ma si tratta di inventare soluzioni e risposte con la logica umana». Poi ripete: «Siamo piuttosto discepoli di Cristo. (...) La voce di Gesù, il fondamento dell'Eucaristia, il Padre Nostro e altre cose che sono state conservate sono proprio il contenuto del suo insegnamento. Abbiamo un tesoro e non siamo condannati ad affrontare i problemi del nostro tempo a mani vuote (...) Poi possono sempre verificarsi disastri».

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Infine non è mancato uno sguardo sulla geopolitica. «La diplomazia vaticana è solo uno degli strumenti a disposizione, ma può essere di grande aiuto, soprattutto quando una comunità cattolica si trova in una situazione di oppressione, di persecuzione.(...) È certo che la Santa Sede può ancora aiutare lo sviluppo, la stabilizzazione, la risoluzione dei problemi umanitari in qualsiasi paese, nella misura in cui la Chiesa cattolica ha la possibilità di sviluppare la sua attività. In Ungheria, durante il comunismo, abbiamo sperimentato che è vitale per la Chiesa che i cattolici sappiano chi è il loro vescovo, che abbiano Chiese locali, vescovi consacrati nominati dalla Santa Sede e che non dipendano solo dalle forze della società in cui vivono». 

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