Isabelle Allende: «Il mio Cile degli Spiriti». A 72 anni presenta il suo nuovo libro e racconta i suoi ricordi

Isabelle Allende: «Il mio Cile degli Spiriti». A 72 anni presenta il suo nuovo libro e racconta i suoi ricordi
di Silvia Benedetti
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Venerdì 17 Luglio 2015, 22:26 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 02:08
L'eternamente giovane Isabel Allende è oggi una delle scrittrici latinoamericane più apprezzate nel mondo. Combattiva, visceralmente femminista, innamorata della vita, l’autrice, che vive in California, ha appena passato svariate settimane nel suo Paese d’origine, il Cile. Dalla terra della sua infanzia Isabel Allende riparte sempre con un bagaglio di idee nuove e di energie rinnovate. Un bagaglio con cui approderà presto nella Milano dell’Expo per presentare il suo ultimo libro, “L’Amante Giapponese”, edito da Feltrinelli.



Nel Padiglione del Cile all’Expo di Milano viene messa in evidenza l’incredibile varietà umana e geografica del Paese. La sua scrittura è il prodotto di questo “miracolo geologico”, etnico e culturale? «Penso che la mia scrittura sia un mosaico di molti luoghi. Sono nata in Perù e cresciuta in Cile fino ai miei dieci anni. Poi mia madre ha sposato un diplomatico e abbiamo viaggiato a lungo in Medio Oriente e in Europa. Ho vissuto in Bolivia, Libano e in Belgio. Conosco l’Asia, l’Africa, l’Australia e molte nazioni dell’America latina. Tredici anni di asilo politico in Venezuela e poi gli Stati Uniti per 27 anni. Tuttavia credo che le mie radici più profonde affondino ancora in terra cilena».



Nel suo romanzo Paula descrive i paesaggi della sua infanzia in Cile e scrive: “Stare in Dio dev’essere come stare in quella straordinaria natura”. Cosa le manca di più della sua terra? «Mi mancano alcuni tratti inimitabili del mio Paese. I vulcani, i laghi dall’acqua cristallina, la Patagonia e l’aridissimo deserto di Atacama, per non menzionare la Cordigliera delle Ande…».



Una sua nipote ha detto che lei “ricorda ciò che non è mai successo”. È questa l’immaginazione che l’aiuta a scrivere? «È vero, ho sempre avuto un’immaginazione fervida. Da bambina venivo punita perché mentivo. Adesso che guadagno da vivere con le mie bugie vengo definita un narratore».




Evocando il suo esilio, ha scritto che si è seccata “come un albero mutilato”. È così che definisce la nostalgia? Si può guarire? «Durante i miei primi anni di esilio in Venezuela mi sentivo come se mi avessero letteralmente estirpata dalla mia terra. Ero malata di nostalgia. Ma poi lo spirito generoso e gioioso del popolo venezuelano mi ha curata. Ho iniziato ad imparare, a trasformarmi. E a scrivere. Il mio primo romanzo “La casa degli Spiriti” è il tentativo di riprendermi la mia terra e la famiglia che avevo perso. Scrivere mi ha salvata dalla paralisi esistenziale causata dalla nostalgia».



La memoria come antidoto contro le distanze, le partenze, la morte. Per lei il passato è sostanza viva o un passaggio per accedere al futuro? «La maggioranza degli scrittori sono intrappolati nei loro ricordi. Il passato è per me importante. Ricreo il mio passato attraverso le storie che racconto. Rievoco esperienze, fantasmi ed emozioni del passato remoto. Ma nella mia vita reale, vivo il presente e raramente penso al futuro».



Attraverso i suoi libri, si delinea la forza luminosa del suo carattere. È questa forza e il suo amore per la vita che L’hanno sostenuta davanti alle separazioni e le perdite dell’esistenza? «Non so se sono veramente dotata di una forza eccezionale ma ammetto di essere abitata dalla passione. A 72 anni, amo la vita con un’energia ancora più potente di prima. C’è una certa coerenza tra le mie idee, i miei sentimenti e il modo in cui vivo la vita da ormai sette decenni. Come tutti ho conosciuto la morte e il dolore ma ho anche ricevuto amore, amicizie e successo. Non ho mai desiderato una vita felice. Volevo una vita interessante e mi dico che ho avuto esattamente quello che volevo. Non ho paura della sofferenza perché fa parte integrante di un’esistenza vissuta pienamente».



Lei dice sempre che le donne devono diventare delle guerriere. Ma quel femminismo combattivo che lei ha sempre sostenuto e che ancora oggi incarna è diventato, in alcune parti del mondo, un po’ fuori moda. Perché? «Il femminismo è fuori moda tra le donne (in particolare quelle giovani) che pensano di aver ottenuto la parità con gli uomini e che lo considerano poco sexy. Presto o tardi si renderanno conto che continuano a vivere in un mondo patriarcale. Dovrebbero guardarsi intorno e cercare di capire la situazione delle loro sorelle nel resto del mondo. Il femminismo è per caso fuori moda nelle zone di guerra o dove si combatte contro la povertà, il fondamentalismo religioso e la repressione culturale? Donne e bambine sono ancora vendute per essere date in sposa, subiscono violenza domestica, lavoro forzato o sono costrette alla prostituzione. Ad altre, in molti Paesi del mondo, viene negato il diritto di studiare, l’accesso a servizi sanitari adeguati, perfino il diritto fondamentale all’alimentazione».



L’alimentazione è appunto il tema dell’Expo di Milano. Il commissario del Padiglione cileno, Lorenzo Constans, ha dichiarato che questi appuntamenti internazionali rappresentano un ponte tra una nazione e il resto del mondo. Come si declina secondo lei, nel nostro universo globalizzato e iperconnesso, il concetto di distanza? «Nonostante tutte le nostre tecnologie moderne, che ci permettono di essere mondialmente connessi ed informati, l’umanità è ancora divisa da pregiudizi etnici, razziali, religiosi e culturali. Ci soffermiamo sempre sulle piccole differenze che ci dividono e dimentichiamo che siamo, in realtà, tutti così simili. Abbiamo tutti bisogno di cibo e di sicurezza. Siamo tutti capaci di amore, dolore, paura e speranza. Vogliamo tutti che i nostri figli abbiamo una vita migliore della nostra. Ed è vero che un evento come quello dell’Expo di Milano rappresenta un’occasione unica per stare insieme, mettere l’accento su ciò che ci unisce mentre celebriamo la diversità delle nostre culture».



Dopo l’estate tornerà in Italia per presentare il suo ultimo libro, “L’Amante Giapponese” edito da Feltrinelli. Una storia di amore e di sofferenza. Può svelarci qualche dettaglio sul romanzo? «È la storia di Alma, una donna anziana che vive in un ospizio e che a volte scompare durante la notte. Irina, una ragazza che lavora per lei, inizia a credere che Alma abbia un amante e, per esserne sicur
a, comincia a scavare nei recessi del suo passato. È un romanzo sulle tematiche che influenzano di più la mia vita di oggi: l’invecchiamento, la dipendenza, l’amore romantico, la passione, il passato e la consapevolezza della morte».
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