È iniziato il microscavo presso il laboratorio di restauro di Fondazione Vulci a Montalto dell'urna cineraria a capanna risalente al IX secolo a.C., scoperta nel luglio scorso alla necropoli del Parco Naturalistico e archeologico di Vulci. Gli archeologi ieri mattina hanno avviato le prime indagini che dovrebbero portare a scoprire a quale figura etrusca appartengono le ossa combuste custodite da secoli all’interno dell’urna.
Una scoperta effettuata il 28 luglio scorso durante la campagna di scavo avviata alla necropoli Poggio delle Urne, all’entrata del sito archeologico. Tra le 88 sepolture rinvenute a pozzetto e a fossa, tra queste gli studiosi avevano inoltre rinvenuto oggetti di particolare rilevanza storica e archeologica come fibule in bronzo e oro, spade e lance in ferro e gioielli in pasta vitrea e ambra e vasi e urne cinerarie. Quella che il terreno ha costudito e tenuto intatta apre nuovi scenari sui fondatori di Vulci, i primi uomini che si sono insediati in una delle quattro metropoli etrusche dell’Etruria meridionale.
«Lo scavo di questa urna - dichiara il direttore scientifico di Fondazione Vulci Carlo Casi - ci consente di avere informazioni inerenti questo individuo che faceva parte sicuramente della prima aristocrazia vulcente.
Le operazioni del microscavo stanno andando avanti e fino ad ora è stato messo in luce il portello che chiudeva l’urna a capanna. Secondo gli esperti dietro di esso dovrebbero trovarsi gli oggetti distintivi del defunto e le restanti ossa combuste. Lo scavo a Vulci è stato diretto da Vincenzo Ercole dell’Università D’Annunzio di Chieti in collaborazione con Francesco di Gennaro già soprintendente del Ministero, da Simona Carosi della Soprintendenza di Viterbo e dellEtruria meridionale, dal direttore scientifico di Fondazione Vulci Carlo Casi e Wilma Bassilissi dell’Istituto centrale per il restauro di Roma.