E’ il giorno di Sokol Dervishi. Questa mattina l’albanese pentito di mafia viterbese sarà il testimone numero uno del processo a Emanuele Erasmi, Manuel Pecci e Pavel Ionel, imputato per estorsione aggravata dal metodo mafioso davanti al collegio del Tribunale di Viterbo. Il collaboratore di giustizia testimonierà in video conferenza e la prima parte dell’udienza si svolgerà nel penitenziario di Viterbo.
Il braccio destro dei capi, pentito dopo alcuni mesi di carcere duro, vuotò il sacco raccontando i retroscena delle azioni criminali della banda mafiosa condannata in primo grado dal gup del Tribunale di Roma.
Sokol Dervishi, meglio noto come Codino, è diventato collaboratore di giustizia e ora dovrà testimoniare e raccontare quanto già spiegato al pm antimafia Fabrizio Tucci.
L’albanese - amico fraterno di Ermal i due sono originari dello stesso paesino in Albania e sono partiti da giovanissimi senza avere nemmeno la licenza media - era considerato dai capi, Ismail Rebeshi e da Giuseppe Trovato, il braccio destro. «Un uomo di fiducia operativo - come ha spiegato la gip di Roma - che fungeva da raccordo tra vertici e sottoposti».
Conosceva i piani ed era a lui che i capi affidavano i compiti più delicati.
«Codino - dissero durante le intercettazioni Rebeshi e Trovato - è uno che lo chiamo viene. E’ sempre disponibile». Ora però è il testimone chiave. L’udienza è attesa anche se Dervishi parlerà principalmente dei fatti che vedono protagonista l’imputato Manuel Pecci. L’imprenditore viterbese che, secondo l’accusa, chiese aiuto al boss Giuseppe Trovato per risolvere un problema con un cliente insoddisfatto.
L’udienza di oggi non sarà dedicata solo al collaboratore di giustizia. Nel pomeriggio saliranno sul banco dei testimoni anche il cliente insoddisfatto, l’avvocato che avrebbe ricevuto la telefonata da Trovato per chiudere la vicenda e un uomo delle forze dell’ordine. Tutti saranno chiamati a parlare della vicenda che ha portato Manuel Pecci alla sbarra.