Lei non ha fatto altro che presentarsi, affidare loro il carrellino, suo compagno di viaggio inseparabile, e sedersi su un sasso col bastone di fianco a riposarsi un po’. Cappellino per difendersi dal sole, un gilet catarifrangente e un trolley legato su un carrello. Sta tutto qui il mondo che Emma si porta dietro nel suo peregrinare per luoghi sacri. Una vera donna avventura, che viaggia sola - salvo eccezioni come quella che ha fatto stavolta lungo la via Francigena unendosi a un’altra pellegrina, Loredana – perché ha fatto una promessa.
“Ho dato la mia parola: se fossi sopravvissuta, avrei dimostrato il mio riconoscimento verso la Madonna in qualche modo. E tra quelli che il mio parroco mi aveva prospettato, ho scelto questo”, racconta.
A 70 anni, è stata colpita da una peritonite fulminante. Ci ha messo 24 mesi per riprendersi e da allora non si è più fermata, letteralmente. “Tranne due anni fa – si corregge – quando, a seguito di un incidente, mi hanno impiantato due protesi al ginocchio e una al piede”. Il tempo di concludere la riabilitazione, che “giusto per provare se ancora ero capace sono andata a piedi a Loreto. E visto che – dice - quei 400 chilometri li ho percorsi senza problemi ho deciso di partire per l’Argentina”. Qui ha percorso 1.350 chilometri tra Buenos Aires e san Miguel de Tucuman: “Ero partita da sola, sono arrivata con migliaia di persone. Ero diventata famosa, ma non capisco perché”, ripete. E proprio perché tutta quella folla che lungo il percorso si è unita a lei le ha fatto un po’ perdere il gusto spirituale del pellegrinaggio, in Argentina ci è tornata a febbraio: “Ma le autorità mi hanno rinchiusa in un convento e costretta a prendere i mezzi. Le condizioni del tempo erano troppo proibitive secondo loro per lasciare che una vecchietta come me – si autodefinisce ironicamente - si avventurasse da sola per tutti quei chilometri”.
Nei suoi pellegrinaggi – ha persino percorso 400 chilometri di deserto in Messico – tra le esperienze più belle ricorda il dormire all’aria aperta. “Io non programmo nulla. Parto – racconta – la mattina alle 6,30 e mi fermo per pranzare dove capita e riposare un paio di ore. Poi riprendo il cammino fino al tardo pomeriggio. Cerco un ostello, una piccola pensione per dormire. Spesso chiedo ospitalità a qualche famiglia ma non tutti mi credo. E allora capita di dormire su una panchina, sotto un ponte, in un prato. Il cielo stellato mi fa da soffitto e, credete, è meraviglioso”. Il suo unico rammarico? “Prima percorrevo 50 chilometri al giorno, ora un po’ di meno”, risponde dispiaciuta.
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