«Nonostante il Covid, ripartiamo»: la storia del "Chiacchierino", la merceria creativa che insegna le antiche tecniche

Il Chiacchierino di Viterbo
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Martedì 23 Giugno 2020, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 19:46
“Il chiacchierino” è il nome scelto per questo locale sui generis, inaugurato due anni fa a Viterbo da Silvia Celoni che ne è il cuore e la mente. Si riferisce a una tecnica antica, un tipo di merletto non certo facile da imparare. “Ma dà anche il senso dello stare insieme, di persone che condividono una stessa passione”, spiega. Il negozio si trova in una traversa di via Vicenza e no, non è affatto la solita bottega. “La mia è una merceria creativa, l’unica della zona”, rivendica. L’orgoglio per la sua creatura traspare in ogni parola che la 45enne dedica a questo angolo davvero originale di Viterbo. Un orgoglio che è il carburante per andare avanti, nonostante il Covid-19 abbia mandato all’aria parecchi progetti.

La storia che ha portato Silvia a inventarsi questa attività viene da lontano. Laureata in Conservazione dei Beni culturali e catalogatrice di tessuti antichi la sua è un’arte preziosa, quanto difficile da spendere sul mercato. Dopo un’esperienza a Lisbona dove per il museo municipale ha restaurato tessuti e catalogato vetri di Murano e lampadari, è tornata in Italia. “La ricerca di lavoro mi ha portata a Roma, poi a Firenze. Nel frattempo – racconta – ho continuato a formarmi, specializzando in tecniche antiche a rischio oblio. E ho deciso di recuperarle e tramandarle, perché questi antichi saperi non vadano persi”.

Chi entra al Chiacchierino può certo fare acquisti. Oltre ai soliti prodotti reperibili in ogni merceria, qui si possono però trovare filati e materiali di pregio. “Tutti made in Italy”, specifica lei. “Non perché abbia qualcosa con quanto arriva dall’estero. Ci sono ottime produzioni nel nord Europa o in Germania. Ma – sottolinea Silvia Celoni -  le direttive italiane, soprattutto per la colorazione, sono ben diverse e garantiscono maggiore tutela”.

Questa bottega offre anche ben altro. “Il mio amore per le tecniche antiche mi ha spinto a organizzare laboratori didattici. Lo scorso anno, ad esempio, ho organizzato un corso di macramè di livello base: 10 partecipanti per 11 lezioni. A metà marzo – racconta – era previsto il secondo livello ma il coronavirus ha fatto saltare tutto”. Oggi parte il laboratorio di bigiotteria: “Un solo partecipante, ma meglio uno che nessuno. Del resto, la passione mi spinge ad andare avanti”, spiega.

Tra gli effetti del Covid-19, oltre a diversi ordini saltati, una curiosità: “Molte persone, durante il lockdown – rivela – hanno recuperato in casa vecchi tessuti e ora si rivolgono a me per farne tovaglie o tende”. Tra le chicche passate di qui, un abito dei primi del ‘900 appartenuto a una signora dell’alta borghesia o un vestito da sposa degli anni ’30: Silvia se ne prende cura e dona loro una nuova vita. “Vado avanti e non mollo, nemmeno col Covid", conclude.
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