Eppure anche quest’anno è arrivato il via libera della Regione alla balneazione. Il vero nemico non sono le alghe rosse, che non sono tossiche per l’uomo. Si chiama fosforo, ben più invisibile e insidioso, accumulato sui fondali per colpa dei fertilizzanti usati per i noccioleti. Se salisse in superficie significherebbe la morte del lago. Per questo il professor Pietro Gallina, perito del tribunale, durante l’incidente probatorio disposto dal gip Francesco Rigato ha definito il lago “una tigre dormiente”. Un “pericolo incombente” il fosforo, specie dopo un inverno mite, quando è carente l’apporto di ossigeno della tramontana che ne raffredda, rimescola e disinfetta le acque. Le alghe rosse sono un segnale. La colpa per il pm Pacifici non è però delle “bombe” usate dai proprietari dei terreni, ma di chi ha permesso loro di sganciarle: “I sindaci che non hanno adottato provvedimenti utili a scongiurare il disastro”. “Dovevano limitare l’uso dei concimi – ha concluso - in quanto autorità sanitaria locale, con delega per la salvaguardia del demanio regionale dal 2007”.
Al centro della lunga inchiesta che ha riguardato il lago di Vico, fiore all’occhiello della riserva naturale, le temute alghe rosse, la presunta eutrofizzazione delle acque, l’arsenico. Un rischio, secondo l’accusa, per la salute delle popolazioni che da tempo immemorabile ne facevano uso potabile, per arginare il quale non avrebbero fatto abbastanza i due ex sindaci. Le loro ordinanze sull’uso dell’acqua potabile, in particolare, sarebbero risultate incomplete e poco chiare. Mentre per quanto riguarda il tema scottante dei presunti “abusi agricoli”, non avrebbero controllato adeguatamente l’uso di concimi e diserbanti nei noccioleti del lago.
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