«Ogni giorno andavo a consegnare 500 euro dell’incasso dell’attività e ogni 15 giorni gli davamo altri 2.500 euro. Ma il debito non si esauriva mai e le loro richieste diventavano sempre più pressanti e violente». Soldi a strozzo a imprenditori della ristorazione, con la testimonianza di una delle due vittime entra nel vivo il processo per usura ed estorsione. Il procedimento nasce da un’inchiesta della Procura e dei carabinieri del Nucleo investigativo. Gli imputati sono 4 uomini e una donna - il quinto finito nell’inchiesta ha già chiuso i conti con la giustizia patteggiando la pena - che avrebbero preteso soldi da una coppia di imprenditori viterbesi.
Le due vittime, assistite dagli avvocati Giovanni Labate e Enrico Valentini, ieri mattina hanno rimesso le querele per uno dei 4 presunti aguzzini. Secondo quanto emerso dalle indagini del carabinieri del Nucleo investigativo, le due vittime nel settore della ristorazione e del mercato ittico, dopo aver chiesto prestiti al mercato parallelo per le loro attività sarebbero finiti nel giro di usurai spietati.
«Ho capito solo dopo diverso tempo cosa stava succedendo - ha detto la donna - il mio compagno vendeva sottocosto il pesce per avere liquidità. Quando ho chiesto spiegazioni e fermato questo giro mi ha raccontato che doveva dei soldi a delle persone. Un debito di 90mila euro che si è presto trasformato in 234mila euro. La mattina dopo sono andata dalla coppia che gestiva la stiauzone per i creditori e mi hanno detto che dovevamo pagare in fretta, altrimenti ci avrebbero gambizzato, stuprato e picchiato. Così ho iniziato con 500 euro al giorno, più bonifici. Ma i soldi non diminuivano mai». Si torna in aula il 28 febbraio.