Comunque, sbucato da chissà dove, il nostro coraggioso eroe è riuscito ad attraversare indenne la strada (un'impresa anche per un essere umano, di questi tempi a Viterbo) e ha raggiunto gli avventori di un noto bar della zona, questi sì alle prese con l'aperitivo. I quali lo hanno preso, e trasportato in tutta sicurezza in un giardino privato, dove il riccio ha potuto ritrovare le condizioni minime di familiarità e privacy. Su ciò che è successo dopo – se l'animale abbia riconquistato la libertà delle immense praterie, se abbia ritrovato la sua famiglia perduta, se sia fuggito ai Caraibi con una riccia, ovviamente bionda – non è dato sapere.
Comunque. L'avvistamento del riccio al quartiere Capuccini è soltanto l'ultimo di una lunga serie di episodi che riconciliano Viterbo e i viterbesi con la fauna selvatica, se non proprio selvaggia. Prima c'erano stati – e ci sono ancora, perché gli avvistamenti si susseguono – i cinghiali, ormai padroni incontrastati della zona tra via Belluno e la tangenziale. Poi, appena un paio di mesi fa, è stata la volta dei lupi, animali di periferia laddove periferia è la zona di Grotte Santo Stefano. Dei gabbiani nel centro storico non ne parliamo: sono quasi più numeri degli studenti alticci in Erasmus. Ora i ricci. Aspettando i Panda, magari in versione ibrida, così inquinano di meno.
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