Professor Osbat, perché un museo dei Conclavi?
«Dopo Roma nessuna città, oltre Viterbo e Avignone, hanno la caratteristica di aver visto lo svolgimento di numerosi conclavi e di aver ospitato così a lungo i Papi e la Corte pontificia. Roma non pensa a una cosa del genere, rimangono Viterbo e Avignone. Vorremmo arrivare prima dei francesi».
Il museo del Colle del Duomo è diventato punto d’attrazione, grazie alla gestione Archeoares e alle visite guidate. Come spiega il grande interesse dei turisti?
«Viterbo è una città-museo e il Colle del Duomo con il Palazzo papale e la Cattedrale è il centro di questo sistema. Il problema è che, oltre al centro, non vi è nulla. Lo stesso Palazzo papale è bello da ammirare all'esterno perché - dentro - suggerisce molte cose ma non mostra nulla».
È una idea da accarezzare quella secondo cui il capoluogo deve puntare sul turismo storico-religioso?
«Puntare sul turismo storico-religioso significa puntare a "musealizzare" il centro storico e a riconoscere la matrice religiosa che ha ispirato gran parte del patrimonio oggi da valorizzare. Ma questo significa convincere la città che questo è il suo futuro se non vuole essere tagliata fuori dai grandi circuiti turistico-culturali».
Come configurare il Museo dei Conclavi?
«Una grande esposizione di materiali e di multimedialità che consenta di rivivere i Conclavi, la storia dei Papi, la storia della Chiesa dal Medioevo - quando nasce la parola Conclave - fino a oggi. D’altronde i conclavi richiamano l'interesse di milioni di persone e i Papi sono al centro dell'interesse del mondo. Un museo capace di proporre oggetti e immagini continuamente rinnovati e quindi un museo dove non si va una sola volta ma dove si ritorna».
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