Liste Pd, Panunzi svela tutti i retroscena: «Adesso vi racconto io com'è andata»

Enrico Panunzi firma l'accettazione della candidatura alla Camera, collegio Roma 1
di Massimo Chiaravalli
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Domenica 21 Agosto 2022, 04:45 - Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 15:53

«Ho cercato di attenuare le proteste, se non di frenarle», perché sembrava «che si stesse aizzando la folla per una poltrona, ma non era così». Anzi, il consigliere regionale Enrico Panunzi, quando ha visto che il suo nome era scomparso dai radar delle elezioni politiche, aveva anche chiesto «di essere lasciato in disparte». Quello che è successo negli ultimi giorni è storia, la sua, e lui la racconta così.

«La federazione Pd di Viterbo, giustamente, nonostante il taglio di un terzo dei parlamentari - dice Panunzi - aveva rivendicato una rappresentanza territoriale, perché cinque anni fa avevamo abdicato alla candidatura di Rieti. In quel momento ho detto che dovevamo farlo, ma senza mettere i nomi. Poi, se questa ci fosse stata riconosciuta, avremmo indicato anche le persone. Era una cosa largamente attesa, sperata da tempo da parte di tanti, soprattutto sindaci, amministratori e dirigenti del partito. Quindi il tavolo regionale ha avanzato la proposta».

Poi cosa è successo? «Da quel momento mi sono un po’ estraniato, non ho seguito nulla. Sono stato informato il 10 che tutto era stato già deciso e andava bene». E poi? «Ho visto che le cose nei giorni successivi scricchiolavano e ho chiesto solo una cosa: di essere lasciato in disparte. Se non c’erano margini, di non mettermi alla ribalta delle cronache politiche. Non ero io che avevo voluto questa cosa e tanto meno mi stracciavo le vesti se non fosse avvenuta. Il vero problema è che c’è stata una divaricazione tra la mia idea, cioè che potevo anche meritarmi un po’ di riposo, e il gruppo dirigente. Quindi è successo un macello: ho 520 messaggi sul telefono, che chiaramente non ho mai inoltrato».

Mercoledì scorso, il giorno in cui Il Messaggero ha pubblicato l’intervista al segretario provinciale Manuela Benedetti, Panunzi è stato chiamato da Roma. «Si era creata una situazione da cui non so come si sarebbe usciti: c’era chi voleva dimettersi, come ha certificato Il Messaggero, le dichiarazioni dei sindaci - continua - la gente ha minacciato una sorta di ammutinamento e di abbandono.

Poi è stata proposta questa postazione», la terza su Roma 1. «È stata formalizzata venerdì sera. Prima non si vedeva uno sbocco: la soluzione serve dunque a portare avanti un progetto, a salvaguardare una comunità su cui da 10 anni stiamo lavorando, a prescindere dal risultato. Se riusciamo a dare voce anche alle istanze del territorio la mia presenza è l’optimum».

Come ha reagito alle proteste dei dem della Tuscia? «Ho cercato di attenuarle, se non di frenarle. Ho chiesto di lasciarmi fuori, perché sembrava si stesse aizzando la folla per una poltrona: non è questo, magari non tutti ci credono, ma è la vera verità. Ecco perché in quei giorni non ho parlato, perché mi sono negato anche alla stampa, avrei rischiato di acuire il dibattito facendolo diventare ancora più problematico». Ora la campagna elettorale può essere vissuta in maniera più serena. «Sicuramente, anche perché abbiamo ritrovato slancio emotivo, ragioni. Avrei comunque votato e cercato di far votare il Pd, ma non dobbiamo essere ipocriti - conclude Panunzi - non ci sarebbe stato questo slancio ora ritrovato».

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