Intitolazione negata ai Caduti di Nassiriya, protesta il reduce ferito

De Rasis all'epoca del ritorno dall'Iraq
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Lunedì 13 Novembre 2023, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 14 Novembre, 19:35

È caduto ieri il 20esimo anniversario della strage di Nassiriya, quando persero la vita 19 italiani e 20 rimasero feriti. Uno dei feriti era di Caprarola: Vittorio De Rasis (nella foto, quando rientrò in paese dall’Iraq). Ieri il luogotenente dei carabinieri in congedo De Rais ha scritto una lettera per ricordare quei giorni ma anche per rispondere alla notizia della mancata intitolazione di un giardino da Caduti di Nassiriya da parte dell’amministrazione comunale di Oriolo Romano.

«Questa notizia mi ha veramente indignato dopo aver letto le motivazioni», dice De Rasis. «Forse i componenti della giunta comunale di Oriolo non sanno che a noi era affidato il difficile compito di mantenere l’ordine pubblico, garantire l’assistenza alle autorità deputate alla ricostruzione e l’addestramento della polizia locale irachena. La nostra presenza in terra irachena era improntata - come di consueto - alla più ampia apertura nei confronti della popolazione locale. Non eravamo e non volevamo mai apparire come una forza occupante, rinchiusa nel proprio fortino ai margini dell’abitato, ma come una presenza discreta e dialogante, fianco a fianco con la gente del luogo. Noi non erano percepiti come una forza di occupazione: al contrario erano ritenuti, in quella difficile fase di transizione verso la democrazia, gli unici garanti dell’ordine e della difesa delle preziose attività di ricostruzione civile ed economica del territorio iracheno». 

«Tutto il popolo italiano fu scosso da un'ondata di addolorata partecipazione: decine di migliaia di persone sfilarono, sgomente e riconoscenti, davanti alle bare dei caduti, esposte nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, ed il 18 novembre, giorno dei solenni funerali di Stato, milioni di italiani fermarono per un minuto le loro attività, manifestando la loro partecipazione al lutto nazionale. Richiamare alla mente quella grande espressione collettiva di affetto e di cordoglio ci aiuta a ricordare, in ogni nostro gesto, che la memoria di chi ha dato la vita per il nostro Paese non appartiene alle Forze Armate, né alle Istituzioni, né ad una parte politica, ma è patrimonio indissolubile dell'intera collettività».

«Quei 19 caduti, dei quali 17 erano uomini in armi e noi feriti - conclude De Rasis -, non saremmo mai celebrati come eroi di guerra, per la semplice ragione che non combattevamo alcuna guerra: qualunque altra lettura della nostra presenza in Iraq sarebbe un torto alla loro memoria. Il mio pensiero va ai loro orfani, alle loro vedove, ed a miei fratelli in armi rimasti feriti nel corpo e nello spirito, ma ancora di più il loro e il nostro sacrificio lo abbiamo offerto a quei valori di pace, giustizia, libertà, democrazia, incarnati, oggi come allora, dall’azione quotidiana dei nostri soldati nelle più difficili realtà del pianeta».
 

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