Elezioni, l'addio di Gabbianelli
"Sono schifato dalla politica"

Giancarlo Gabbianelli
di Simone Canettieri
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Giovedì 23 Maggio 2013, 12:35 - Ultimo aggiornamento: 26 Maggio, 15:56
VITERBO - Si toglie il berretto, si aggiusta l’immancabile ascot di seta. E parla.
Giancarlo Gabbianelli è seduto nel suo ufficio di presidente del consiglio comunale, il bunker che lo ha ospitato in questi cinque anni da ex. Contraddistinti «da una damnatio memoriae nei miei confronti, cupio dissolvi continuo».



L’ex sindaco (dal ’99 al 2008), per un decennio protagonista discusso ma anche amato di questa città («Un sondaggio dice che rimango il più stimato») premette: «Non voglio dare giudizi sull’amministrazione Marini, non voglio creare alibi».



E’ mattina, tra poco ci sarà la prima ”chiama” del consiglio comunale, convocato in extremis proprio dal ”Gabbia”. «Ma non è uno schiaffo a Marini - nel corso della chiacchierata non lo chiamerà mai sindaco -: ho applicato il regolamento».



Ecco, questo non è più il Gabbianelli-conducator di una volta, duro e diretto, iracondo quanto scivoloso. Lo chiamavano il Cavaliere della luce. Ora, a 64 anni, si dice piuttosto «schifato da questa politica». Sostiene che il senso «di comunità è svanito, siamo solo atomi».



Sono i suoi ultimi giorni a Palazzo. Poi l’unico legame che lo terrà ancora legato al potere sarà il processo Cev: il buco della partecipata per il quale è imputato per associazione a delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio. Il Cev in questi cinque anni è stato, per i suoi nemici interni del Pdl e per buona parte dell’opinione pubblica, il suo marchio di ignominia. Se Giulio ha fatto poco è colpa del buco lasciato da Giancarlo. Una lettura che il diretto interessato smentisce («Ma non voglio tirare fuori i dati delle agenzie di rating») ma che ora, alla vigilia del Grande Addio, non è più nemmeno interessato a controbattere.



Forse è rassegnato, forse pensa romanamente ”me ne frego”. Chissà. Di sicuro il sindaco che intitolò una rotatoria ad Almirante, ma anche l’ideatore del boulevard Marconi («Dissero che era la mia via dell’impero», scherza) ammette di essere sconfortato quando guarda «come è ridotta la città».



Sa anche lui che il grosso è colpa della crisi, ma del piccolo, delle responsabilità del suo successore, sempre che ce ne siano, non ne vuole parlare. E’ critico ma criptico. Sui Plus («Erano un nostro progetto: solo che l’ascensore di Valle Faul costava molto meno») ma anche sulla visione d’insieme che, a suo dire, è mancata. Mentre Gabbianelli ragiona, il sindaco Marini a poche decine di metri sta tenendo una conferenza stampa per dire in pratica la situazione economica che trovò cinque anni fa. Ci risiamo, insomma. Certe guerre scorrono carsiche fino all’ultimo. Gabbianelli lo sa, ne ha vissute tante: a partire da quelle con Nando Gigli.



Entrambi adesso sono uniti da un anti-marinismo con diverse gradazioni. Strana la vita. E ingrata. Aggettivo per Fratelli d’Italia, Rotelli & company, che ha svezzato e difeso, specie Mauretto, anche nei momenti durissimi. Ora Gabbianelli se ne andrà in pensione «e soffrirò» perché io «sono malato di politica». Intanto si sta muovendo: appoggia «un ragazzo bravo e preparato» come Andrea Bazzo (di Viterbo2020) quindi Chiara Frontini. Non voterà Marini, dunque, ma forse questa non è più nemmeno una notizia.


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