In questi luoghi dove non si va certo per diletto ma per acquistare farmaci, succede di imbattersi, all’esterno, in file scomposte, con distanze tra acquirenti ben al di sotto del metro e mezzo consigliato dagli esperti. Se qualcuno poi fa notare che c’è bisogno di ordine ma soprattutto di separazioni “adeguate”, si rischia di essere insultati. Può capitare anche di sentirsi dire: “Se si ha paura (ridendo) è meglio stare a casa”. E c’è sempre chi salta la fila, magari parcheggiando sulle strisce.
Fin qui, il pubblico. Ma i responsabili? Le autorità? I farmacisti replicano che se i cittadini non sono in grado di autogestirsi, non è un problema loro. A nulla vale ricordare che la pandemia è “cosa” di tutti. La fila al di fuori della farmacia, in mancanza di numeretti e guide per mantenere le distanze, potrebbe essere allora gestita da un vigile. Ma non si vede nessuno. E se passa un ausiliario del traffico, a cui si chiede un aiuto per comporre la fila, la risposta è di chiamare i vigili perché “è un problema di chi sta in fila”.
A tutto ciò va aggiunto che molti farmacisti non indossano le mascherine, pur venendo a contatto con ogni tipo di paziente, non tengono le porte aperte per una miglior ventilazione e non rispettano il metro e mezzo di distanza dall’acquirente ma anche tra cliente e cliente.
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