La stazione climatica di Viterbo restituisce una fotografia chiara: "Attualmente – rivela Piovesan – siamo 10 gradi sopra la media storica del periodo che è intorno ai 30". Ma perché si parli di ondate di calore, come quella attuale, la temperatura nella Tuscia deve superare i 35 gradi per più giorni. "Quando questi livelli – continua il professore – si protraggono per molto tempo abbiamo le ondate di calore più importanti". Nel Viterbese qualcosa di simile era accaduto nel 2003 e nel 2013. "Ma rispetto al 2003 – spiega – quando il caldo record fu più precoce, essendo iniziato tra aprile e maggio, in questa estate le temperature massime sono superiori, con livelli africani che si protraggono per periodi prolungati".
L'impatto di un simile clima è in primo luogo sulla salute. "Per Viterbo – continua Piovesan – l'allerta è massima, soprattutto per le fasce più delicate rappresentate da bambini, anziani e malati. Già nel 2003 abbiamo registrato un aumento della mortalità, come avviene sempre quando le temperature si alzano sopra i 30 gradi. Ma il picco si registra quando superano i 35, come in questi giorni". Poi, ci sono gli effetti sull'agricoltura: "Anche gli animali – ricorda - soffrono di stress da caldo, producendo nel caso di ovini e bovini meno latte. Le stalle inoltre non sono climatizzate e il tasso di mortalità anche per i capi di bestiame aumenta". E le piante? "Anche se si irrigano, subiscono lo choc da temperature. Prendiamo gli olivi: la fioritura – dice Piovesan – è stata buona ma il freddo in primavera e la siccità poi hanno portato gli alberi ad abortire gran parte dei frutti che cadono a terra". Insomma, la raccolta sarà di gran lunga inferiore al passato, mentre per l'uva la vendemmia sarà anticipata. "Le foreste invece – continua – si sono ben adattate per ora alle ondate di calore ma crescono meno. A soffrire di più sono le piante intorno al lago di Vico".
Se il caldo record continuerà con questa frequenza, si prevedono cambiamenti della vegetazione. "Piante più competitive come l'alloro e il leccio si diffonderanno di più nei nostri boschi, mentre gli olivi verranno coltivati principalmente in collina. I faggi, freschi di riconoscimento Unesco, in cima al Cimino si sono invece adattati all'ambiente arido". Le cause di questo clima? "I modelli sono discordanti nell'imputarlo a cicli naturali o all'attività antropica. Probabilmente – conclude – la mano dell'uomo c'entra, soprattutto per l'eccessiva urbanizzazione".
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