Guidonia, 100 anni al tempo del virus: festa via skype per Mario il Bersagliere

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I colleghi del Gruppo fanfara bersaglieri di Guidonia avevano pianificato da mesi di presentarsi da lui con trombe, bombardino e la divisa del cuore, per festeggiare i suoi primi 100 anni. Una sorpresa impedita dal coronavirus. La festa del secolo, però, il bersagliere Mario Beccaceci ieri l'ha avuta lo stesso, collegato via Skype dalla sua casa di Tivoli Terme: vicini i figli Quirino e Anna Rita con nuora e genero, collegati via pc nipoti e pronipoti con gli amici che hanno voluto aggregarsi al social party. Quella dal vivo Mario l'ha solo rimandata, a dopo l'emergenza Covid: «E' una grave malattia, ha portato grandi dispiaceri. Ma bisogna avere pazienza. Quando sarà tutto finito faremo la festa. Con gioia».

Parola di un bersagliere del Secondo Reggimento, quelli del motto Nulli secundus, sopravvissuto miracolosamente alla campagna di Grecia e ad un campo di concentramento tedesco. Dopo la guerra una lunga carriera di meccanico specializzato alla Chimica Aniene. Di tempra d'acciaio, Mario, ancora oggi: un'ora di cyclette tutti i giorni, le partite a carte «per tenere allenato il cervello» qualche film western ma non di guerra («ne ho già passata tanta, e poi quello che raccontano non è vero»). E l'arte delle fettuccine: «Larghe ed ertarelle, perché il sugo ci si deve attaccare». Ora i segreti della pasta all'uovo e il suo mattarello li ha consegnati al marito della nipote Fabiana: «A patto che ora le faccia tu». Il segreto della sua longevità? «La grande forza della mia famiglia. Mai sentimenti di invidia. Prego tutte le mattine e ringrazio il Padreterno». La fede ha contato nei momenti duri: «In guerra, durante la ritirata in Grecia raccontano i familiari -, cadde in una buca e rimase lì cinque giorni, era un freddissimo gennaio. Chiese aiuto solo quando sentì parlare italiano, erano i commilitoni in ricognizione. Ne uscì gravemente ferito per il congelamento». Ma le prove non erano finite: nel 1943 fu deportato in un campo di concentramento. «Mi salvai sono i suoi ricordi perché ero un meccanico specializzato e sapevo riparare i panzer tedeschi. Da mangiare mi davano patate e marmellata». Nel 1946 il viaggio di ritorno: due mesi, a tratti a piedi. «Tutti pensavano che fosse morto è la nipote Fabiana Ambrosio a ripercorrere i racconti di famiglia - Solo la fidanzata, mia nonna Pia, era aggrappata alla speranza. Ed è proprio da lei che nonno Mario andò a bussare prima di tutto. Magrissimo. Nel 1948 si sono sposati»

Nonna Pia lo ha lasciato nel 2002. Un dolore, questo sì, che ha rischiato di travolgerlo, così forte da avergli provocato un infarto silenzioso. Gli amici bersaglieri di Guidonia hanno chiesto e ottenuto per Mario gli auguri del Papa, arrivati per posta: «La nostra visita è solo rimandata dice il presidente, Mariano D'Antonio -. Porteremo anche la bandiera con lo stemma ricamato dalle mogli e dalle figlie dei caduti e dei dispersi di Guidonia».

Elena Ceravolo