L'Anello di Francesco Arena al Palatino

EMBED
di Laura Larcan

Il Palatino a Roma riapre dopo il lockdown e riserva qualche novità. Come la Vigna Barberini, terrazza con affaccio mozzafiato sul Colosseo, che ospita ora in modo permanente l’installazione site-specific dell’artista Francesco Arena. Si chiama “Anello” ed è una struttura circolare in bronzo con un diametro di oltre quattro metri, spesso venti centimetri e solido come la pietra (perfetto per offrire uno speciale punto di appoggio al passaggio del pubblico). All’interno è incisa una scritta che condensa tutto il significato dell’opera: "the very stone one kicks with one’s boot will outlast Shakespeare (La stessa pietra che calci con lo stivale sopravvivrà a Shakespeare)". «È una citazione dal romanzo Gita al Faro di Virginia Woolf», spiega l’artista. Le parole della scrittrice inglese rimandano al rapporto che «abbiamo con le cose inanimate e che “usiamo” quotidianamente, per l’appunto una pietra a cui diamo un calcio, apparentemente un oggetto senza alcuna importanza ma che testimonia con il suo resistere nel tempo l’indifferenza della natura nei confronti del nostro passaggio anche quando questo trasforma una pietra in una statua o in una architettura destinata inevitabilmente col tempo a divenire rovina e nuovamente pietra». Dentro l’Anello abita una colonna millenaria, che stava già lì nella Vigna Barberini, e che Arena ha scelto di abbracciare. L’installazione voluta dal parco archeologico del Colosseo guidato da Alfonsina Russo, è stata selezionata tra i vincitori della V Edizione del bando Italian Council (2019), il programma a supporto della creatività italiana dedicato alla promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mibact, con il partenariato culturale dell’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona. «L’opera è stata realizzata per questo luogo - racconta il direttore del parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo - la Vigna Barberini, la terrazza artificiale su cui insistono le rovine del Tempio di Elagabalo dedicato al culto del sole, un tempo incastonato nei giardini di Adone, successivamente, nel 1600, divenuta appezzamento agricolo della famiglia Barberini. E poiché qui la tradizione vuole che San Sebastiano subì il martirio, vi è sorta la chiesa dedicata al santo». La Vigna Barberini non fa da sfondo, ma sembra dialogare con l’opera sul significato del tempo che trascoirre inesorabile. «L’anello riproduce idealmente il Colosseo, la sua linea circolare, il suo essere simbolo dell’eternità del mondo», conclude Russo.