Donato Carrisi: "Vi commuoverete con il serial killer di Io sono l'abisso"

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Interrogazione per Donato Carrisi, regista-scrittore o scrittore-regista, che presenta al cinema dal 27 ottobre Io sono l'abisso, la sua terza regia, dopo l'esordio boom di La ragazza della Nebbia (David di Donatello come regista debuttante). 

Un serial killer senza nome, con grande mistero preservato persino sui nomi degli attori coinvolti in un progetto cinematografico nato dal suo ultimo romanzo. "Sono uno scrittore e/o regista di genere e la mia vita artistica dipende da questi personaggi che studio e osservo dalla mia tesi di laurea: in questo caso il protagonista è una composizione di molti profili criminali che ho studiato". Carrisi e Vision hanno fatto accompagnare l'uscita al cinema da un podcast in  cui la stessa voce dell'autore (come nel film) si fa protagonista dottorale: parlare con Donato è andare a lezione di male assoluto. "La laurea ottenuta studiando il caso Chiatti: conoscerlo e sentire da subito riprovazione per il suo racconto dei delitti, ma anche capire che vissuto c'era dietro, studiare la sua infanzia, mi ha schiuso le porte alla lettura di questi soggetti che riporto nel film. Alla fine di questo film l'essere riprovevole può persino commuovervi".

All'idea, un giorno, di girare un film che non sia di questo genere thriller Carrisi si sottrae: "Mai. Sono orgogliosamente un autore di genere e lo resterò". La vita cambia un pomeriggio in un cinema pugliese (Carrisi è di Martina Franca): "Ero in sala con una ragazza che volevo sedurre, una compagna di scuola. Scegliemmo "Il silenzio degli innocenti", ne uscii sconvolto: della ragazza non mi importava più nulla, avevo visto una storia di genere diventare grande cinema, il primo thriller a vincere gli Oscar. E la mia grande ispirazione". 

Anche l'acqua ispira molto Carrisi: stavolta c'è un lago, il lago di Como. "Il potere evocativo di un bacino che può inghiottire uomini e storie e risputarli quando vuole: è un protagonista del film". Un thriller su omicidi che accadono in pieno giorno: "Il male accade sempre. In questo caso c'è anche la scelta di centrare la vicenda sul tema dei rifiuti: per conoscere le vittime, il killer non scruta social o il web ma l'immondizia. Quello che buttiamo ci racconta perché sui social non siamo veri, ma nel secchio della spazzatura siamo proprio noi".

A Gabriel Montesi ha chiesto una trasformazione profonda per essere il killer, alla sua musa Michela Cescon assegna un ruolo femminile "politico" per come vive il suo tentativo di riscatto rispetto al ruolo della madre incapace di educare il proprio figlio. "Le donne hanno la complessità che serve alle mie storie: gli uomini sanno produrre la violenza, le donne la soluzione ai casi".