La Valtellina che non ti aspetti: le esperienze da provare e da gustare fra Orobie, Sondrio e Valmalenco, fino al bosco incantato di Dazio e al misterioso Castello di Domofole

Per chi ama la natura, l'arte, i borghi rurali e l'enogastronomia di qualità, ecco gli itinerari tutti da scoprire nel piccolo Shangri La alpino

Cervo in Valtellina
di Maria Serena Patriarca
8 Minuti di Lettura
Martedì 25 Luglio 2023, 12:22 - Ultimo aggiornamento: 13:11

Il rintocco delle campane, lo scorrere delle acque dei torrenti, il sussurrare del vento fra le fronde degli alberi, il canto del gallo all’alba. Questa la “colonna sonora” della Valtellina incastonata fra le Alpi Retiche e le prealpi Orobie, area della provincia di Sondrio (facilmente raggiungibile anche in treno, da Milano) che ha mantenuto così intatto e vivo il suo spirito autentico tanto da poter essere ribattezzata come lo “Shangri La” d’Italia, anche per i suggestivi paesini arroccati sulla montagna, come il borgo rurale in ardesia (tipica pietra del luogo) di Scilironi, nel comune di Spriana in Valmalenco, luogo del cuore del FAI. Mix di ispirazioni culturali, artistiche, religiose (con oltre 500 chiese nel suo territorio), e di itinerari mozzafiato per chi ama il trekking, il trail running, la mountain bike, l’ebike, lo yoga outdoor e il rafting, la Valtellina nasconde ancora tante perle “segrete” tutte da scoprire.

Il regno degli amanti del buon vino e della cucina golosa

Le montagne valtellinesi possono rivelarsi una piacevole scoperta se amate il turismo enogastronomico. Mentre già si scaldano i muscoli per la Valtellina Wine Trail, l’attesa gara di fine stagione che a novembre unirà sport e degustazioni (con 3 percorsi fra  vigneti e antichi borghi della media valle, attraverso le più prestigiose cantine valtellinesi) l’estate è la stagione ideale per abbinare l’escursionismo o le visite culturali (fra Sondrio e dintorni) a soste da veri sommelier, per sorseggiare i pregiati vini locali (bianchi, rossi, rosati), frutto del paziente lavoro nei vigneti, realizzati con la tecnica del terrazzamento (info: www.valtellina.it). Pizzoccheri, sciatt (le frittelline croccanti rotondeggianti ripiene di formaggio fuso, servite su un letto di cicoria), bresaola, polenta taragna, formaggi (anche stagionati nel fieno di alta montagna), il tipico dolce denominato bisciola (a base di frutta secca), il sidro, le birre artigianali e l'infuso digestivo taneda (con achillea moscata) fanno del territorio valtellinese il paradiso dei gourmet.

Vacanze, boom del cicloturismo (e per sei ciclisti su 10 la Valtellina è la meta più ambita)

Mugnai o fabbri per un giorno a Castello dell’Acqua

Volete provare l’ebbrezza di sentirvi veri mugnai, o fabbri, nella cornice delle prealpi Orobie? Sappiate che a Cà L’Albert, contrada del paese di Castello dell’Acqua, alle pendici della Val Malgina, potrete scoprire con un autentico mugnaio o con il fabbro del luogo gli antichi segreti di due delle attività che fanno parte integrante della cultura del luogo, da secoli. Immerso in un suggestivo castagneto (habitat di caprioli, cervi, lepri, volpi, tassi), dove spiccano installazioni contemporanee di “land art” (arte ottenuta dagli stessi materiali della natura, come i tronchi d’albero) il mugnaio Rinaldo Antoniazzi potrà illustrarvi il funzionamento del Mulin del Zata (costituito dal vecchio mulino ad acqua e dalla pila delle castagne), realizzando la farina di mais davanti ai vostri occhi. Il Mulino, che fu utilizzato fino agli anni Settanta, si stima sia stato costruito 300 anni fa. Nelle vicinanze del Mulino una piccola cavità nella pietra, bagnata con l’acqua del ruscello, costituiva il “frigorifero” ante litteram della comunità rurale nei tempi antichi, per conservare, per esempio, il burro. Per organizzare la visita occorre contattare il Comune di Castello dell'Aqua al telefono 0342 482206. Lo stesso riferimento telefonico è utile per prenotare una visita in compagnia del fabbro alla Fucina Cavallari (info: www.sondrioevalmalenco.it): qui, dove vengono organizzati corsi specifici per la lavorazione del ferro rivolti anche ai neofiti, sembra di fare un salto indietro nel tempo.

La Fucina risale all'Ottocento, ma secondo qualche esperto potrebbe essere addirittura antecedente a quest’epoca, e ancora una volta è la testimonianza dell’ingegno e della maestria della popolazione locale.

 

Salire con la funivia più grande d’Europa per pranzare in malga sull’Alpe Palù, in Valmalenco

Volete provare il brivido dell’alta quota per ammirare uno dei più bei laghi alpini e pranzare in malga? Allora, se non soffrite di vertigini, sperimentate la Snow Eagle, la funivia più grande d'Europa (e la seconda al mondo) con una capienza di ben 160 persone, che da quota 980 metri da Chiesa in Valmalenco porta in cima all’Alpe Palù (che dà il nome al pittoresco Lago Palù) a 2.080 slm. La Valmalenco è terra di minerali per eccellenza, basti pensare che la più grande cava del mondo di talco è proprio in questa valle laterale della Valtellina. Come spiega il geologo Alfredo Dell'Agosto, guida d’eccezione sull’Alpe Palù, "la Valmalenco è il paradiso della mineralogia, con più di 300 tipologie di minerali diversi, come il granato demantoide, che è una pietra semipreziosa. Siamo al centro delle Alpi; questa Valle è uno scrigno dal punto di vista della geologia: la parte del leone la fanno le serpentiniti, tipiche rocce metamorfiche verdastre che qui sono diffusissime (considerate una porzione di mantello terrestre). Qua siamo vicini all'asse della catena alpina, nel punto più alto di collisione delle placche, quindi le rocce sono metamorfiche. La nota pietra ollare della Valmalenco (sono 2 i tipi di pietra ollare delle Alpi, il clorito scisto e il talco scisto) è un unicum geologico". Dalla stazione di arrivo della funivia con un gradevole trekking, o in mountain bike, si può raggiungere il Rifugio Motta, a 2200 m, per poi ridiscendere, tra boschi e prati ricchi di orchidee selvatiche, verso il Lago Palù e sostare nella caratteristica Malga Rundai per assaggiare la polenta taragna e i formaggi realizzati in loco, come il semigrasso d’Alpe o il formaggio di capra.

Stop over a Sondrio, per attraversare la Passerella sulle Cassandre, il piccolo ponte di Brooklyn della Valtellina

Cento metri di altezza, 145 metri di lunghezza, quasi 3 metri di larghezza: sono i numeri vincenti della Passerella sulle Cassandre, il moderno ponte che collega Sondrio con le frazioni vicine, come la deliziosa Mossini, immersa nella quiete dei vigneti. Camminando sulla Passerella si ha davvero la sensazione di trovarsi su un ponte di Brooklyn in miniatura, con la differenza che qui lo scenario circostante non sono i grattacieli, ma l’imponente e verdissima Gola delle Cassandre, attraversata dal torrente Mallero (info: www.visitasondrio.it). Se da Mossini percorrete la Passerella verso il centro della città, sappiate che la prima tappa che suggeriamo è a Castello Masegra (il Castello di Sondrio, che risale all’anno Mille), con un interessante Museo dei Minerali e il Museo della Montagna e dell’Alpinismo. Sondrio merita davvero uno stop over, per ammirarne le sue molteplici sfaccettature. Dal fascino d’antan del Grand Hotel della Posta, storica dimora e “salotto” della città, realizzato nel 1855 laddove sorgeva, appunto, una vecchia stazione di posta, al cinquecentesco Palazzo Pretorio dove, previo appuntamento da fissare con l’Info Point all’entrata del Palazzo stesso (tel. 0342 526299), si può accedere all’ufficio del sindaco della città, interamente realizzato in una Stua del Cinquecento in legno di cembro, conosciuta come Stua Rigamonti, la più antica stua di Sondrio. Un’altra pregevole Stua, questa volta del Settecento, si può visitare all’interno di Palazzo Sassi, sede del Museo Valtellinese di Storia e Arte, dove è conservata, fra l’altro, l’enigmatica Stele di Castionetto, risalente all’età del Rame. Non lasciate Sondrio senza una passeggiata nel quartiere Scarpatetti, la “Montmartre” della città, con le antiche case contadine sviluppate verticalmente sulla roccia e la bella icona della Madonna dell’Uva. Qui se volete potete organizzare una visita con degustazione alla Cantina Marsetti, dove sono conservate bottiglie di vino “vintage”, risalenti addirittura al 1913.

Cani eroi della spiaggia: quattro golden retriever salvano due donne in poche ore

La Dea Madre, il trekking fisolofico, il borgo fantasma: da Palazzo Besta, a Teglio, fino al Bosco incantato di Dazio e al Castello di Domofole

Sondrio, nel cuore della Valtellina, è il trampolino ideale per esplorare mete curiose e interessanti della Valle stessa. Se siete amanti dell’arte e dell’archeologia consigliamo una mezza giornata dedicata alla scoperta di Palazzo Besta a Teglio, borgo da cui deriva il nome Valtellina. Straordinario esempio di architettura rinascimentale lombarda, Palazzo Besta custodisce al suo interno anche quella che in molti casi è diventata un simbolo del territorio circostante, ovvero la stele conosciuta come Dea Madre: risalente al III millennio a.C., in granito, fa parte delle stele rinvenute a Càven (nel territorio di Teglio) nel 1940 e riproduce una figura antropomorfa dai tratti femminili, probabilmente associata al culto della Dea Madre, come simbolo di fecondità. Se viaggiate con bambini al seguito non perdete il meraviglioso Bosco di Sant’Anna, noto anche come il Bosco Incantato di Dazio, dove attraverso molteplici sculture sui tronchi d’albero e pitture rupestre sui massi nel bosco, prendono vita gnomi, elfi, animali e creature di un mondo fiabesco e fatato. Per accedere al bosco bisogna imboccare il sentiero dalla chiesetta di Sant’Anna, alla periferia del paese di Dazio. Con una piccola deviazione, indicata, si può sperimentare inoltre il percorso del “trekking filosofico”, scandito dalle sagge frasi dei più famosi pensatori di ogni epoca. Gli amanti del mistero e delle “ghost town” devono mettere in agenda il Castello di Domofole, a Mello. Avvolto ancora oggi nella leggenda (si tramanda fosse un’antica prigione dove venissero rinchiuse le regine) il Castello si raggiunge con un facile percorso nel bosco dal paese di Mello, ed è una delle fortificazioni più antiche del territorio. Qui è stato rinvenuto un misterioso scheletro di bambino: un piccolo antico abitante del Castello, forse, mai identificato. La fortezza, realizzata in un punto di particolare “energia” oltre che di avvistamento strategico, risale al V o VI secolo d.C., e si sviluppò in varie fasi della storia, fino al XVIII secolo. Accanto alla torre sorge una cappella, e ai piedi del borgo fortificato resta quella che oggi potremmo definire una minuscola “città fantasma”, con i resti di antiche case valtellinesi in ardesia e legno, dove ormai la vegetazione si interseca con quel che rimane dell’abitato, conferendo al sito un fascino unico nel suo genere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA