Gli Anni di Piombo in Vaticano: ciclo di incontri sulla forza del perdono, il caso di Gemma Calabresi

Ecco il primo di un ciclo di incontri sui grandi temi dell’enciclica Fratelli tutti

Gli Anni di Piombo in Vaticano: ciclo di incontri sulla forza del perdono, il caso di Gemma Calabresi
di Franca Giansoldati
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Venerdì 24 Febbraio 2023, 15:12

Città del Vaticano - La vedova Gemma Calabresi con la sua meravigliosa storia personale di perdono per la vicenda legata al marito commissario ucciso agli inizi degli anni Settanta da esponenti di Lotta Continua, entra in Vaticano: in preparazione al Giubileo è stato organizzato per sabato 4 marzo nell'Aula Nuova del Sinodo il primo di un ciclo di incontri sui grandi temi dell’enciclica Fratelli tutti. Stavolta si affronta la grande questione del perdono e della capacità cristiana di costruire diversamente il futuro partendo da un episodio legato agli Anni di Piombo

Un cammino di grande fede quello del perdono al quale in passato sono state dedicate analoghe iniziative da parte della Chiesa basate proprio su testimonianze esemplari. In Italia, la più clamorosa in assoluto, almeno in quest'ultimo decennio, resta certamente quella portata avanti dall'ex vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca.

Nel 2016, in quello che era il cosiddetto Triangolo Rosso - dove si consumarono efferati delitti per mano dei partigiani comunisti a cavallo della Liberazione e nell'immediato dopoguerra, in una spirale perversa di odio e vendette crescenti - l'invalicabile muro impenetrabile di distanza e omertà fu sbriociolato proprio grazie alla fede. Quasi un miracolo.

Settantré anni esatti successivi all'assassinio di un seminarista quattordicenne, don Rolando Rivi, il vescovo Camisasca è stato in grado di organizzare in una piccola chiesa reggiana un gesto storico. Vi ha lavorato dietro le quinte per anni. Meris Corghi, figlia del partigiano Giuseppe che uccise il giovane seminarista, chiese perdono ai fratelli e al cugino di Rolando Rivi. Le lacrime davanti all'altare furono liberatorie per tutti e frantumarono in un secondo muri invalicabili, unendo in un abbraccio simbolico i parenti rimasti. Non c'erano più nemici, il passato era stato neutralizzato emotivamente e quello che ancora rimane va a futura memoria. «Il seme di Rolando è fiorito facendo cose nuove e redimendo il male passato» disse Camisasca.

La bellissima e lunga lettera che Meris Corghi lesse quel giorno resterà nella storia d'Italia. «Giuseppe Corghi era mio padre. Io sono Meris, Meris Corghi e sono onorata di essere qui. Durante un percorso che mi ha trasformato profondamente nell’animo, ho sentito che c’era qualcosa che dovevo fare, ma non sapevo cosa. Non sapevo praticamente nulla di questa vicenda, perché io non ero nata all’epoca e dopo ero troppo piccola per capire i discorsi. Ma, piano piano hanno cominciato ad affiorare dei tasselli, ho cominciato a pormi delle domande e ho iniziato un cammino che mi ha portato fino a qui oggi. Non ho quasi idea di come sia successo, so soltanto che è stato come essere guidata. Sì, sono stata guidata, forse dalla presenza di mio padre nel cercare una risoluzione per poter ritrovare la pace. Forse dalla luce divina che ognuno di noi porta nel cuore, forse dallo stesso beato Rolando che desidera più di ogni altro in questo momento storico e decisivo per il mondo l’unione e la pace (...)»

E ancora in un altro passaggio. «Una notte di Natale la guerra si fermò e tutti furono solo uomini mentre dalle trincee salivano i canti di Natale. Una tregua per gli uomini e uno smacco al grande separatore. Una pietra miliare di pace come quella che stiamo creando oggi. Guardarsi nei cuori le scelte che ogni giorno facciamo possono portare la vita e la pace o l’odio e la guerra. Siamo tutti responsabili della pace di domani a partire da ora, di ogni singolo istante. “Prenderai per mano tuo fratello, lo sosterrai, lo aiuterai a volare o lo invidierai, lo giudicherai e lo abbatterai nella polvere?” Nessuno tocchi Caino, quel Caino che Cristo stesso sulla croce ha salvato. Siamo tutti fratelli e nella guerra tutti perdiamo (...)».

Rolando Rivi è stato fatto beato da Papa Francesco agli inizi del pontifiato. La sua storia è conosciuta. Aveva 14 anni quando fu torturato e ucciso da alcuni uomini delle brigate garibaldine “in odium fidei”, il 13 aprile del 1945, a pochi giorni dalla fine della guerra. Figlio di contadini cattolici durante la guerra entra in seminario e finisce stritolato dal clima d'odio contro i cattolici. Nel 1942 la zona era stata tutta occupata dai tedeschi, i partigiani emiliani si organizzavano per resistere ma in un clima tesissimo l'ideologia prevaleva sempre e i sacerdoti in quella zona restavano generalmente malvisti, nonostante la maggioranza dei parroci sostenesse la resistenza. L'uccisione di Rolando coglie di sorpresa tutti, una azione inspiegabile. La sera che non rientrò a casa i partigiani inviarono un messaggio ai genitori suggerendo loro di non cercarlo. Rolando era stato portato in un casale  dove fu torturato per tre giorni e infine ucciso. La tonaca nera fu usata per farne un pallone da calcio e poi appesa come un trofeo. 

Questa figura simbolica - don Rolando - è stata collocata al centro dell'ultimo libro che Massimo Camisasca ha dedicato al percorso di riforme avviato da Papa Francesco. «La Chiesa sempre ha bisogno di essere riformata, ma la riforma non è questione di strutture o di innovazioni istituzionali: la Chiesa si riformerà attraverso la comunione vissuta, la Chiesa rinascerà attraverso i santi. La santità è la vera riforma della Chiesa» ha scritto nel volume «La luce che attraversa il tempo – Contributo per una riforma nella Chiesa». Il perdono resta parte di questo cammino.

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