Si chiude per la Caritas Internationalis, la più importante e ramificata organizzazione caritativa del Vaticano, il capitolo buio che ha portato l'anno scorso all'azzeramento di tutti i vertici dopo una indagine interna grazie alla quale sono affiorati metodi brutali nei confronti dei dipendenti. Bullismo, dispetti, scontri personali, contratti a termine non rinnovati: insomma un quadro piuttosto desolante che ha indotto papa Francesco a commissariare l'ente che coordina le 162 Caritas presenti in tutto il mondo.
Una mossa inedita e inaspettata che di fatto ha persino appannato l'astro nascente del collegio cardinalizio, il filippino Luis Antonio Tagle, allora vice presidente e reiteratamente indicato quale naturale candidato al papato nel prossimo conclave (quando sarà) per una visione assai simile a quella di Bergoglio.
Era stato Tagle stesso ad annunciare ai dipendenti l'azzeramento di tutte le cariche apicali precisando che la decisione del Papa non si basava su molestie o abusi di natura sessuale e nemmeno su scandali di ordine finanziario per la cattiva gestione degli enormi flussi di denaro.
La gestione
A questo si aggiunge che Tagle, inoltre, durante la sua gestione sarebbe stato al corrente di come i dirigenti si rapportavano ai dipendenti ma senza mai intervenire o fare nulla di risolutivo. In queste ore la Croix ha avanzato un'altra ipotesi che fa riferimento ad uno scontro intestino apicale tra dirigenti occidentali e altri provenienti da zone di missione, i quali – secondo una lunghissima lettera che l'ex segretario generale indiano Aloys John ha inviato ai membri Caritas – si sarebbero coalizzati formando due schieramenti, da una parte i rappresentanti del Sud (che governavano) e dall'altra quelli del Nord che difendevano una concezione paternalistica della carirtà, secondo una impostazione colonialista basata sul fatto che erano loro a mandare i fondi al Sud. Forse potrebbe essere davvero questo il reale motivo che ha spinto Francesco ad azzerare tutto.
Il congresso
Sabato al congresso che si è tenuto all'Erife, è stato eletto da 400 delegati di 200 paesi il nuovo capo. Si tratta dell'arcivescovo giapponese Tarcisius Isao Kikuchi di Tokyo. In questo contesto, il nuovo presidente dovrà rimotivare il personale e rimettere ordine internamente. Un cammino in salita. La scelta è caduta su di lui per la sua esperienza missionaria. Resterà in carica per quattro anni.