In ballo ci sono i fondi per la ricerca di base: in tutto un milione e 200mila euro, di cui fanno parte anche le risorse «premiali», circa mezzo milione. La ricercatrice testarda era stata tagliata fuori dalla distribuzione di quest’ultimo pacchetto di finanziamenti. Qualche centinaio di euro all’anno per ciascuno: non una questione di soldi ma di principio. La ricercatrice finita col marchio rosso aveva svolto la sua attività regolarmente, ma non aveva presentato i propri lavori all’Anvur (l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) per protestare contro i criteri di valutazione adottati. L’Università ha ritenuto di essere penalizzata da questo comportamento ed ha fatto scattare la punizione. Il 20 aprile si è mosso il senato accademico con una proposta che suonava più o meno così: «Chi non presenta i propri lavori all’Anvur, anche se lo fa per protesta va considerato “ricercatore inattivo” ed è escluso dall’assegnazione dei fondi premiali della ricerca di base». Una ventina di giorni dopo è arrivata la delibera del consiglio di amministrazione, che ha recepito l’indicazione del senato, quindi lo scorso 5 luglio è scattata la delibera del dipartimento di Matematica ed Informatica. Ma lei non ci stava proprio a passare per fannullona: perché una cosa è fare il proprio lavoro e decidere di non inviarlo per segnalare che il metro della cosiddetta Vqr (Valutazione della qualità della ricerca) andrebbe cambiato, altro invece è non fare ricerca. I giudici le hanno dato ragione ed hanno accolto l’istanza: annullata la punizione.
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