De Augustinis agli spoletini: «Serve uno scatto d'orgoglio sull'ospedale»

De Augustinis agli spoletini: «Serve uno scatto d'orgoglio sull'ospedale»
di Ilaria Bosi
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Venerdì 4 Novembre 2022, 14:49 - Ultimo aggiornamento: 14:50

SPOLETO Dalla battaglia sull’ospedale alla convinzione che la città sia terreno facile conquista, fino all’appello a cuore aperto agli spoletini. Umberto De Augustinis, a più di un anno e mezzo dalla mozione di sfiducia che gli è costata la sindacatura, è un fiume in piena. E a due anni dalla riconfigurazione dell’ospedale in struttura Covid, decisione che ha sancito l’inizio della sua caduta, ma anche l’oggettivo e (forse) definitivo depotenziamento del San Matteo, accetta di parlarne.

Rifarebbe quella battaglia?

Senza indugi. È una battaglia di civiltà che tutti dovrebbero fare. La gestione dell’ospedale competerebbe alla città e se un sindaco, che è il soggetto principale, non viene neanche sentito, è offensivo per tutti. La gente, questo, lo ha capito?

Qual è, se c’è, il rimpianto più grande?

La cosa veramente fastidiosa fu che operarono senza dircelo, facendoci trovare di fronte al fatto compiuto. Oggi mi chiedo: dove stavano quelli che dicevano di voler difendere la città? C’è stato chi, al contrario, ha fatto di tutto affinché pure l’appello alla giustizia cadesse nel vuoto. Purtroppo, ancora oggi, ci troviamo di fronte a persone che, dopo aver creato tutto questo, pretendono una primogenitura su una battaglia che non hanno voluto combattere. Invece non si può fare il doppio gioco con la città: dire di voler difendere l’ospedale e al tempo stesso dire che non si può fare la battaglia contro la Regione che ne ha deciso il declino non è possibile.

Si è sentito tradito?

Non parlerei di tradimento, perché non è una questione personale, ma credo che sul tema della salute ci sia da sempre una grande attenzione. Un fatto è certo: molti di coloro che in quel periodo non condividevano, diciamo così, la mia battaglia lavorano in quell’ambito e per alcuni ci sono di fatto state opportunità o situazioni di crescita professionale.

Cosa ha sbagliato De Augustinis?

Non credo di aver fatto grandi errori, il mio programma non era finalizzato a eseguire progetti altrui, ma a soddisfare gli interessi della città.

Qualcosa abbiamo fatto, deludendo certamente chi pensava che avremmo eseguito diktat o imposizioni di altri.   

Cosa dice a chi sostiene che lei, sin dall’inizio, abbia avuto un approccio troppo improntato al sospetto?

Il sospetto non c’entra, il mio obiettivo era dare fiducia e in una situazione difficile, come era e come è quella di Spoleto, c’era bisogno innanzitutto di farsi rispettare.

Ha fatto più volte ricorso alla Giustizia: lo rifarebbe?

La legge è il mezzo attraverso il quale puoi tutelare un maggior numero di persone e questo avevamo in mente con la sindacatura. Ognuno poteva dare il suo contributo, uniti dal fare qualcosa per la città, che era l’unico obiettivo comune. Troppi giuristi in giunta? Non capita sempre di avere nell’esecutivo un ex presidente del Consiglio di Stato e le assicuro che c’era bisogno anche di quello. Sa quante cause erano in sospeso? Una caterva, da seguire attentamente perché ci chiedevano soldi di continuo.

Cosa pensa di questa esperienza?  

Penso che Spoleto non sia una torta da far divorare e gli spoletini dovrebbero esserne consapevoli, dicendo no a chi da fuori mette ipoteche e condizionamenti. Ho lavorato senza prendere un soldo, credo di aver creato anche opportunità future, altre ne stavamo per creare. Senza preclusioni, ma senza farci mettere il cappio al collo.

Ha parlato più volte di «città eterodiretta»: ne è proprio convinto?

Come la chiama una città che non viene coinvolta nelle decisioni? Purtroppo vige una strategia per la quale si asseverano le decisioni della regione: e se tutto viene gestito a Perugia o Terni, Spoleto finisce per essere mera esecutrice delle decisioni prese altrove. Questo porta a un depauperamento della città, che avrà un ruolo sempre più marginale.

Agli spoletini cosa dice?

Dimostrate la vostra dignità e fatevi rispettare. Perché una città senza dignità perde automaticamente quello che ha. 

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